Tra gli anni ’30 e ’60 il radioteatro occupò un’importante spazio del passatempo popolare.
A quel tempo, la radio era la fedele compagna di tutti senz’alcuna distinzione e, sopratutto, delle sempre molto indaffarate casalinghe.
In ogni casa c’era una radio e con un minimo investimento si stava al corrente di quello che accadeva in tutto il mondo e, dettaglio importante, senza abbandonare ciò che si stava facendo con le mani!
Da quell’apparecchio magico uscivano voci e rumori che ci facevano immaginare situazioni e personaggi in piena azione.
La tecnologia aveva portato a casa il teatro in un modo diverso. Infatti, la sceneggiatura, i colori, i costumi e i volti, li mettevamo noi stessi a seconda dei dialoghi.
Incredibile ma vero.
Un radioteatro che andava in onda negli ultimi anni del ‘50 è rimasto inciso nella mia mente: La vendetta di Salvatore Giuliano. Anche mia mamma, che ha compiuto 87 anni, lo ricorda sempre con un po’ di nostalgia.
La vita e le avventure del brigante siciliano venivano alla conoscenza degli ascoltatori tramite la radiodiffusione.
L’autrice ed attrice, Nelida de Mendoza, ci faceva immaginare giorno dopo giorno, le corse del famoso bandito meridionale.
Tra un appuntamento e l’altro, l’ansia s’impadroniva e tutti trattavano di anticipare quello che poteva accadere a quel Robin Hood di Montelepre, che toglieva ai ricchi per dare ai poveri.
Intanto aspettavo il giorno dopo fingendo d’essere Salvatore Giuliano, nascondendomi nel boschetto di canne in modo da non cadere nelle mani dei carabinieri.
Dopo tanti anni, mi sono messo a studiare un po’ di più sul controverso personaggio dei giochi bambineschi che mi venivano ogni tanto alla memoria.
Riuscì a sapere che solo nel 2003 si stabilì ufficialmente che Salvatore Giuliano non era responsabile della strage di Portella della Ginestra accaduta nel 1947 e che, per sconfiggerlo, lo Stato italiano, sotto la guida di Enrico De Nicola, dovette scendere a patti con la mafia.
Malgrado il titolo dell’opera che parla di vendetta, posso stare tranquillo perché nei miei giochi, in cui fingevo di essere il brigante del radioteatro del pomeriggio, credo non aver fatto nessuna apologia del reato.
E mia mamma, che allora immaginava l’eroe leggendario come un bell’uomo, oggi può godersi, per la prima volta, la sua fotografía sul nostro Portale.
A quel tempo, la radio era la fedele compagna di tutti senz’alcuna distinzione e, sopratutto, delle sempre molto indaffarate casalinghe.
In ogni casa c’era una radio e con un minimo investimento si stava al corrente di quello che accadeva in tutto il mondo e, dettaglio importante, senza abbandonare ciò che si stava facendo con le mani!
Da quell’apparecchio magico uscivano voci e rumori che ci facevano immaginare situazioni e personaggi in piena azione.
La tecnologia aveva portato a casa il teatro in un modo diverso. Infatti, la sceneggiatura, i colori, i costumi e i volti, li mettevamo noi stessi a seconda dei dialoghi.
Incredibile ma vero.
Un radioteatro che andava in onda negli ultimi anni del ‘50 è rimasto inciso nella mia mente: La vendetta di Salvatore Giuliano. Anche mia mamma, che ha compiuto 87 anni, lo ricorda sempre con un po’ di nostalgia.
La vita e le avventure del brigante siciliano venivano alla conoscenza degli ascoltatori tramite la radiodiffusione.
L’autrice ed attrice, Nelida de Mendoza, ci faceva immaginare giorno dopo giorno, le corse del famoso bandito meridionale.
Tra un appuntamento e l’altro, l’ansia s’impadroniva e tutti trattavano di anticipare quello che poteva accadere a quel Robin Hood di Montelepre, che toglieva ai ricchi per dare ai poveri.
Intanto aspettavo il giorno dopo fingendo d’essere Salvatore Giuliano, nascondendomi nel boschetto di canne in modo da non cadere nelle mani dei carabinieri.
Dopo tanti anni, mi sono messo a studiare un po’ di più sul controverso personaggio dei giochi bambineschi che mi venivano ogni tanto alla memoria.
Riuscì a sapere che solo nel 2003 si stabilì ufficialmente che Salvatore Giuliano non era responsabile della strage di Portella della Ginestra accaduta nel 1947 e che, per sconfiggerlo, lo Stato italiano, sotto la guida di Enrico De Nicola, dovette scendere a patti con la mafia.
Malgrado il titolo dell’opera che parla di vendetta, posso stare tranquillo perché nei miei giochi, in cui fingevo di essere il brigante del radioteatro del pomeriggio, credo non aver fatto nessuna apologia del reato.
E mia mamma, che allora immaginava l’eroe leggendario come un bell’uomo, oggi può godersi, per la prima volta, la sua fotografía sul nostro Portale.
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