"Escribid con amor, con corazón, lo que os alcance, lo que os antoje. Que eso será bueno en el fondo, aunque la forma sea incorrecta; será apasionado, aunque a veces sea inexacto; agradará al lector, aunque rabie Garcilaso; no se parecerá a lo de nadie; pero; bueno o malo, será vuestro, nadie os lo disputará; entonces habrá prosa, habrá poesía, habrá defectos, habrá belleza." DOMINGO F. SARMIENTO



domingo, 15 de marzo de 2009

FIGLI D'ITALIA NEL MONDO... LA PATRIA VI RICHIAMA...!!! (2a. puntata)

Da uno studio di Vito Zita, ho appreso che a Roma il 6 agosto 1935 poco meno di un mese prima dell’inizio delle operazioni in Africa, venne rilasciato un comunicato militare che, tra le altre cose, informava: “Si stabilisce la formazione di una sesta Divisione di Camicie Nere, costituita da volontari italiani residenti all’estero e con battaglioni composti da mutilati, ex combattenti e volontari ex arditi della Grande Guerra. Questa Divisione si chiamerà Tevere e sarà comandata dal generale Boscardi”.
Dal comunicato dello Stato Maggiore possiamo interpretare che la Divisione Tevere era considerata una divisione simbolo dell’eroismo e della volontà italica.
Come abbiamo raccontato nella Prima Parte, anche gli italiani d’Argentina -compresi alcuni che non erano ideologicamente fascisti- chiesero di partecipare come volontari nell’impresa in Africa Orientale.
Come si è detto, la Comunità degli italoargentini reclutò un contingente di volontari composto da oltre settecento uomini che partirono in quattro spedizioni successive ma il caso dell'Argentina non era unico, in Brasile il numero di volontari era più grande ancora.
Fra i volontari dell'Argentina c’era una sezione costituita dai fascisti storici del quartiere di Avellaneda chiamata “Mayor Rosasco”. Fra questi c’erano Felipe Simeone, Horacio Bianchetti, Ivo Cecarini e Patricio Tribola. I volontari non erano solo residenti di Buenos Aires e della Capitale dello Stato ma anche mendocinos e cordobeses.
Il reclutamento degli italiani fu organizzato -non in segreto ma con prudenza- principalmente dagli agenti consolari e dai simpatizzanti fascisti.
Il secondo contingente contava, fra i suoi volontari, di Saverio Patti, membro dirigente della Unione Calabrese, che scrisse una lettera indirizzata al Giornale d'Italia, prima di partire l’11/10/1935. La lettera ci darà un'idea di come il fascista italiano viveva la mobilizzazione ordinata da Mussolini:
“Signor Presidente della Società Unione Calabrese; membri della Commissione direttiva; Camerati:
Contro i selvaggi abissini, per un dovere patrio e per la fede al Duce, Capo Supremo della nostra grande Italia, partirò venerdì prossimo, undici del corrente mese per la Madre Patria come volontario nella guerra italo-abissina. Come squadrista, vecchia Camicia Nera, ho la certezza di prendere per il collo molti di quelli che un tempo furono un ostacolo alla nostra grande impresa. A voi camerati il mio fervente saluto e i miei voti con un “eja” sincero e caloroso alla Unione Calabrese”.
Non si trattava solo di partire per un’avventura e andare a combattere per la patria in terre lontane abbandonando la famiglia e il lavoro, forse altri erano stati tentati dalla possibilità di sviluppare attività o di acquisire degli appezzamenti di terra in Africa.
Molti erano figli di immigranti nati in Argentina che sentivano come propria la chiamata di Mussolini agli italiani del mondo come i volontari Emilio Carabelli, Achille Borgatta, Michele de Nicoló, Giovanni Signorelli od Italo Borgatta.
Si può notare, nei differenti contingenti, la presenza di ex combattenti della Grande Guerra, fra questi veterani c’erano Luigi Moglia, Uras Giammichele, Raffaele Labonia e Diodato Zoratti.
I contingenti di italoargentini cominciarono ad arrivare in Italia il 17 ottobre. Il primo, imbarcato sull’Augustus, arrivò con 450 uomini fra i volontari di Argentina, Uruguay e Brasile. A Mogadiscio, nella Somalia italiana confinante con l'Etiopia, arrivarono già all’inizio di dicembre del 1935 potenziando la Divisione Tevere e passarono agli ordini diretti di Piero Parini, un leggendario fascista funzionario di Mussolini ed ex combattente della Grande Guerra. I volontari attesero quattro mesi a Mogadiscio prima di poter essere condotti in battaglia.
In Etiopia la unità prese il nome di Legione Parini e militarmente era integrata nella Divisione Tevere con la denominazione di 221a Legione.
Nell’aprile del 1936 questa unità era pronta ad entrare in battaglia, con le limitazioni proprie di un contingente che includeva mutilati della Grande Guerra, uomini anziani e italiani lontani dalla propria terra e dalle arti militari. Infatti, la campagna militare era già determinata. Malgrado ciò, all’inizio del mese fu dato loro l’ordine di prepararsi ad avanzare all’interno di una offensiva generale che partiva dal sud dell’Abissinia. Facevano parte della colonna del generale Frusci ed entrarono in combattimento il giorno 24 sulle alture di Gomar e Dane.
La Legione Parini era schierata al centro, mentre ai suoi fianchi c’erano unità arabe e somale che combattevano per l'Italia. Così un Generale italiano riferisce quelle azioni: “La resistenza del nemico è sanguinosa, l'attacco più risoluto lo ricaccia sulla fossa di Birgod, posizione fortificata di rinforzo, ad avanguardia della linea di difesa principale di Hamanlei. Durante il giorno 24, gli assalti succedono agli assalti; la difesa è sempre tenace. Le caverne ben dissimulate offrono un sicuro riparo e le numerose mitragliatrici di cui dispongono gli abissini permettono di tenere a distanza le nostre valorose unità. Durante la notte, dopo un ultimo tentativo di controffensiva, la difesa si ripara nelle trincee e nelle caverne della posizione principale. All'alba del 25, il Generale Frusci fa avanzare le batterie da 65 a trecento metri dal nemico e, dopo una violentissima azione di fuoco, lancia all’assalto le unità del settore centrale composta dalle unità arabo-somali…”
Da allora si produsse una grande quantità di perdite fra gli arabo-somali che si lanciarono in uno scontro corpo a corpo. Secondo la stessa relazione, la Legione Parini partecipò soffrendo una sola perdita. Infine la posizione fortificata di Hamanlei fu conquistata il giorno 25 aprile. Questo fu il battesimo di fuoco per la Legione Parini.
Il giorno 29 i “fasci all’estero” in Abissinia si dedicarono ad inseguire il nemico in ritirata. L’aspetto più duro della lotta era forse dover combattere su un terreno pantanoso e inondato dalle piogge di una furiosa tempesta. In quei giorni furono presi altri luoghi prima dell'avanzata delle varie unità italiane. Il 9 maggio, la Legione Parini arrivò definitivamente a Dire Daua.
Ci furono cinque morti in tutta la campagna. Il contingente più grande arrivò a Buenos Aires nel dicembre 1936 .
Evidentemente i volontari italoargentini avevano fatto parte di una unità militare più simbolica che combattente, il cui reclutamento era stato più utile per la propaganda fascista di quanto effettivamente fece in campo bellico. Tuttavia, i volontari dovettero affrontare i rigori del clima, di una terra e di una geografia ostile, lasciando i loro posti di lavoro quotidiano in onore di una causa che consideravano patriottica.
Viene qui riportato il discorso del Maresciallo Graziani tenuto alla 221a e 321a Legione dei Fasci Italiani all´Estero quando partirono da Addis Abeba il 25 agosto1936 per ritornare in Italia. Erano presenti i generali Pedretti, Gariboldi, Gallina e Broglia. Il discorso è presente nel quotidiano Il Mattino d´Italia del 25 agosto 1936.
"Ufficiali, graduati, legionari:
Potete partire soddisfatti di voi stessi, così come io sono soddisfatto di voi. Nei disagi, gagliardamente sopportati, come nei combattimenti, valorosamente sostenuti, avete assolto in pieno il vostro dovere di soldati dell’Italia fascista.
Il vostro sangue generoso ha contribuito a fecondare il nuovo impero d’Italia voluto dal Duce, germogliato dalla Rivoluzione fascista, realizzato dai soldati d’Italia nel nome del Re.
Tornate ora ai lontani paesi esteri dai quali siete venuti e tornatevi con la fronte alta a rappresentarvi la nuova Italia vittoriosa. Cittadini dell’Impero d’Italia, siate sempre all’estero buoni italiani come siete stati buoni soldati. Ovunque andiate e in qualsiasi circostanza, siate sempre orgogliosi della vostra patria, sempre fieri di appartenere al nostro popolo millenario che nulla ha da apprendere dagli altri, che alle altre genti molto ha insegnato nei secoli come ora.
Oltre che alla conquista dell’Impero avete avuto l’onore di contribuire al suo consolidamento nelle recenti operazioni di polizia coloniale durante le quali foste gli stessi superbi legionari di Sassabaneh.
Bravi. Che la vita ora vi sorrida e la fortuna vi assista. In alto i gagliardetti gloriosi.
Saluto al Re! Saluto al Duce!"


(Un ringraziamento molto speciale ad Hernan Capizzano cui informazione mi e' stata molto utile)

1 comentario:

Memoria dijo...

Dr. Garrapa: en referencia a este artículo que usted ha publicado sería interesante que difunda la fuente que es de mi autoría y puede consultarse en http://www.regioesercito.it/reparti/mvsn/volarg.htm

Muy agradecido. Hernán Capizzano