Riflessioni sul Bicentenario scritte a quattro mani: firmano Giorgio Garrappa, collaboratore storico del Portale dei Lombardi nel Mondo e Jorge Luis Garrappa, Giovane corrispondente Lombardo del Portale. (Marta Carrer)
Quando la nostra caporedattrice ci ha chiesto di scrivere per il Portale dei Lombardi nel Mondo un articolo sul Bicentenario della Rivoluzione del Maggio 1810, abbiamo subito risposto di sì.
Ci sono venute in mente mille cose, tante da scrivere almeno un saggio, perché in questi 200 anni, la Patria degli argentini, ha vissuto gli avvenimenti più belli e ha subito le più brutte vicende.
Certo, come tutte le nazioni del mondo.
Abbiamo pensato di scrivere sulle contraddizioni tra il modello di Paese della Prima Giunta di Governo e questo attuale.
Abbiamo pensato a Mariano Moreno, forse il vero rivoluzionario del Maggio 1810, che morì, in alto mare, della stessa “malattia” di Napoleone a Santa Elena.
Abbiamo anche pensato al primo Presidente della Repubblica, Bernardino Rivadavia, che oltre a ostacolare la campagna militare di liberazione americana del Generale San Martin, concepì il primo prestito della “Baring Brothers” inaugurando il debito esterno argentino.
Poi ci siamo accorti che fanno legione gli storici, i ricercatori e i revisionisti -da un lato e dall’altro- che hanno versato fiumi d’inchiostro su questi argomenti, meglio di noi.
Il peggio è che nonostante ciò, invece di contribuire all’unione degli argentini hanno mantenuto il fuoco acceso e hanno fatto si che non potessimo ancora trovare la strada giusta da percorrere per andare avanti.
A poche ore del compleanno numero 200 della Repubblica, sentiamo di dover fare una scelta, perché scrivere una storia è sempre una scelta.
La prima cosa da dire a questo punto è che, l’Argentina, è un Paese molto fortunato e mai dimenticato da Dio.
Il Creatore ci ha regalato tutto, anche troppo: fiumi, montagne, mare, pianure, dirupi, cascate, ghiacciai, clima diverso… e tutto alla grande, proprio da fare invidia.
Ci ha voluto allontanare dalle micidiali pieghe delle guerre mondiali che hanno lasciato milioni di morti ed interi Paesi assolutamente ridotti a macerie.
Ci ha dato pure un popolo cosmopolita, capace di arrangiarsi anche con gli strumenti più semplici e primitivi.
Popolo che, con determinazione, resiste ancora agli attacchi che cercano di sfondare l’ultima linea dei valori cristiani della società americana.
Ecco perché Giovanni Paolo II, in visita ecumenica nel Sudamerica disse: “L’America latina è il continente della speranza”. In altre parole questo messaggio significa: uniamoci saldamente e tutti insieme accendiamo il faro della speranza segnando così il cammino di un mondo migliore, più solidale, sempre più giusto.
Invece, con rammarico guardiamo indietro e vediamo che non siamo stati capaci di capire questo messaggio e abbiamo sbagliato una ed un'altra volta…
Abbiamo lasciato fare qualsiasi cosa, senza aver reagito in tempo ed il Paese è andato irrimediabilmente fuori strada.
Perché ce ne siamo fregati di tutto e abbiamo protestato solo quando ci hanno messo la mano in tasca?
Perché ci uniamo solo per tifare la nazionale di calcio e non per obbligare i nostri dirigenti a fare il loro dovere?
Perché una volta ed un’altra ancora scegliamo quelli che poi saranno i “boia” della nostra società e del nostro destino?
Perché dopo una nuova frustrazione siamo pronti a negare la nostra responsabilità dicendo “io non l’ho votato”?
Purtroppo saranno figli e nipoti a subire le conseguenze delle nostre irresponsabilità.
Davvero non avremmo voluto fare nessun riferimento alla politica quotidiana del Paese perché pensavamo che almeno per il bicentenario, fossero dimenticati i soliti scontri politici tra governo e opposizione che non servono proprio a niente.
Abbiamo sbagliato perché la Presidente ha deciso di non invitare né il vicepresidente né gli ex presidenti vivi alla cena con 200 personalità che ha avuto luogo alla Casa Rosada come se loro non fossero parte della storia argentina… neppure lei assisterà all’inaugurazione dei restauri del Teatro Colon per non incontrarsi, a faccia a faccia, con il Capo del Governo della città di Buenos Aires…
Detto tutto.
Comunque vogliamo finire con un messaggio di speranza e di pace. Abbiamo tutti gli ingredienti per fare una Nazione sul serio…
Mettiamoci a costruire il paese sognato dagli antenati italiani, spagnoli, svizzeri, tedeschi, francesi ed altri che erano venuti da tanto lontano per fare un’Argentina grande, sviluppata, fraterna per tutti gli uomini che vogliano vivere in questa parte del mondo.
Le parole del filosofo Ortega y Gasset hanno oggi più significato che mai: Argentini…alle cose!