"Escribid con amor, con corazón, lo que os alcance, lo que os antoje. Que eso será bueno en el fondo, aunque la forma sea incorrecta; será apasionado, aunque a veces sea inexacto; agradará al lector, aunque rabie Garcilaso; no se parecerá a lo de nadie; pero; bueno o malo, será vuestro, nadie os lo disputará; entonces habrá prosa, habrá poesía, habrá defectos, habrá belleza." DOMINGO F. SARMIENTO



domingo, 15 de marzo de 2009

CARNEVALE: IL SOGNO DI DIVENTARE UN'ALTRO

Il carnevale ha un’origine molto antica ed il suo nome, secondo alcuni storici, viene riferito a non mangiare la carne perchè “la carne è debole”. Tradizionalmente nei paesi cattolici -come l’Argentina- il Carnevale inizia con la Domenica di Settuagesima e finisce il martedì precedente al mercoledì delle Ceneri che segna l'inizio della Quaresima.
Altri invece affermano che l’origine del carnevale risale alle feste pagane in onore di Bacco in cui si mangiava, si beveva e ci si divertiva più del consueto.
Qualunque sia l’origine vera del carnevale, certo è che viene festeggiato dappertutto con caratteristiche diverse.
Ad esempio ai tempi della mia fanciullezza e giovinezza, il carnevale significava il sogno di diventare un altro, almeno per qualche ora di magia, acqua profumata, serpentine e carta tritata da buttare in faccia agli altri.
Erano tempi di ballare al salone del Club Sociale del posto, di secchiate d’acqua sui marciapiedi di ogni quartiere e soprattutto tempi di fantasia, travestimento ed mascheramento.
Sulla rivista infantile Billiken, la famosa casa italoargentina Lamota, di Buenos Aires, pubblicava l’ampio stock di costumi e maschere sognate dai bambini dell’intero Paese.
Erano pure i tempi dei cartoon’s cartacei americani con le avventure degli eroi più popolari come Superman, Batman, D’Artagnan o Lonely Rider.
Allora, ognuno di noi chiedevamo a mamma e a papà il costume dell’eroe più ammirato ma quando la famiglia non aveva i soldi per comprarne uno, la mamma sedeva davanti la macchina da cucire e con tanta pazienza ne fabbricava uno su misura, basato nel modello copiato dalle riviste.
A sette anni mi ero travestito da Lonely Rider e ricordo ancora quel costume grigio fatto da mia mamma, con esso sono andato al “Corso”, organizzato dal Comune, sul viale centrale della città gremito di gente che gridava ed applaudiva al mio passo. Benché io non montavo Silver ne accanto a me c’era il compagno indiano, l’illusione di essere Lonely Rider per quel solo giorno mi aveva fatto tanto felice.
Ma perchè da noi chiamiamo “Corso de Carnaval” la sfilata di carri allegorici con delle regine, pattuglie, comparse, complessi e bande di musica che cercano di riscattare dei valori culturali, folclorici, sociali e turistici del paese?
Certo, in riferimento alla nota strada del centro di Roma -Via del Corso- detta comunemente il Corso, che collega Piazza Venezia a Piazza del Popolo e misura all'incirca 1,6 chilometri. Dobbiamo ricordare che su quel tracciato rettilineo si facevano le corse di cavalli del Carnevale, molto seguite dai romani fino al 1883 quando un incidente mortale portò alla sua abolizione. Poi il nome della via cambiò in Corso Umberto I dopo l'assassinio del sovrano nel 1900; nel 1944, divenne Corso del Popolo e, due anni dopo, venne reintrodotto quello che è il toponimo attuale.

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