"Escribid con amor, con corazón, lo que os alcance, lo que os antoje. Que eso será bueno en el fondo, aunque la forma sea incorrecta; será apasionado, aunque a veces sea inexacto; agradará al lector, aunque rabie Garcilaso; no se parecerá a lo de nadie; pero; bueno o malo, será vuestro, nadie os lo disputará; entonces habrá prosa, habrá poesía, habrá defectos, habrá belleza." DOMINGO F. SARMIENTO



jueves, 11 de marzo de 2010

UNA SETTIMANA A PURO CINEMA ITALIANO

Nuovo Cinema Paradiso-7 Estrenos Italianos. Cosi è stato chiamato il festival cinematografico svolto la prima settimana di marzo (dal 1° al 7) a Córdoba nel Cineclub Municipal “Hugo del Carril”. La programmazione ha avuto anche la collaborazione dell’Istituto Italiano di Cultura e il Consolato Generale d’Italia del Capoluogo della provincia mediterranea.
Con tre funzioni al giorno, il pubblico si è goduto i diversi film che non hanno né il marketing né il carattere commerciale hollywoodense. Forse in Italia, questi film sono stati più o meno visti. Invece dalla nostra parte, il festival è stato un’ottima opportunità per quelli che amano il cinema italiano o che piacciono di altre scelte cinematografiche.
La settimana iniziò con “Jimmy Della Collina”, di Enrico Pau. Il regista scava nel profilo di una gioventù marginale, divisa nell´urto tra la durezza di una vita di periferia e il sogno di un’evasione che faccia tavola rasa con il passato.
Dopo è stato proiettato “Uno su due”, di Eugenio Cappuccio. L’attore Fabio Volo fa Lorenzo, un ambizioso avvocato. Questo personaggio ha una fidanzata, una bella casa e un buon lavoro insieme al suo amico Paolo. Tutto sembra andare fantastico. Un giorno, tutta questa vita apparente crolla. Lorenzo cade per terra mentre faceva un giro. Si sveglia in ospedale, ricoverato vicino a un’altro: Giovanni, operaio romano. Così comincerà una nuova esperienza per lui.
Il terzo film è stato “La Febbre”, di Alessandro D’Alatri, con la partecipazione di Fabio Volo. In questo caso interpreta un paesano chiamato Mario Bettini. Lui è un giovane idealista che ha il sogno d’aprire una discoteca con i suoi amici. Il protagonista si troverà con la comica burocrazia, fatta da trappole, mediocrità e umiliazioni. Soltanto, il vero amore e la poesia della vita, saranno capaci di fare diventare il sogno della sua discoteca in quel Paese libero, dove ognuno è valorizzato per le sue capacità e riconosciuti i suoi diritti.
Giuliano Montaldo è il regista di “I demoni di San Pietroburgo”, film ambientato nella Russia zarista del 1860 e dove appare la figura del famoso Fiódor Dostoevskij. In un attentato, è ucciso un membro della famiglia imperiale. Pochi giorni dopo, lo scrittore trova un giovane in un ospedale psichiatrico che gli confessa di aver fatto parte della squadra terrorista che vuole ammazzare un altro parente zarista. Così Dostoevskij comincerà ha cercare il capogruppo degli assassini mentre scrive il celebre romanzo “Il giocatore”.
“L’abbuffata” ha la stellare attuazione di Gérard Depardieu. Il film di Mimmo Calopresti si svolge in Calabria, dove quattro giovani amici hanno il sogno di filmare un lungometraggio per mobilitare tutta la città. Loro vogliono costruire un presente e un futuro diverso per il paese. Per questo è convocato il famoso attore francese che accetta, generosamente, la proposta. Perciò i quattro giovani e tutto il paesino faranno festa all’arrivo della stella.
“La masseria delle allodole”, di Paolo e Vittorio Taviani, racconta la storia del primogenito di una famiglia di origine armena nella Turchia della Grande Guerra. Lui, che abita in Italia, vuole tornare al Paese per trovare la sua famiglia. Tutto comincia a diventare pericoloso. Questo dramma si svolge nel contesto della guerra e l’esodo armeno.
Chi scrive, ha potuto vedere uno dei film che ha fatto parte del festival e ha stretta relazione con l’Argentina. Il nome? “La vera leggenda di Tony Vilar”, che ci porta alla vita di Antonio Ragusa, nato nel 1938 a Carolei (provincia di Cosenza, Calabria) ed emigrato in Argentina nel 1952. Nel Sudamerica, Ragusa fu più conosciuto come Tony Vilar e diventato uno dei cantanti piú famosi degli anni ’60. Lui ha portato al successo, in America, colonne sonore come “Tintarella di Luna” di Mina o “Non esiste l’amor” di Adriano Celentano, ma il suo esito piú importante fu “Cuando calienta el sol” (scritta dai fratelli messicani Rigual). Il momento di splendore dell’artista dura poco, e pochi sanno cos’è successa a Tony. Questo film documentale (o documentale ibrido, perché c’è molto di finzione) racconta la storia dell’attore Peppe Voltarelli che fa il cantautore italiano –e cugino secondo grado di Vilar- che decide cercare il suo idolo per dedicarle una canzone che ha scritto apposta per lui. Da Buenos Aires a Connecticut e il New Jersey, Voltarelli va tra i passi di Vilar. Parla con delle persone che l’hanno visto e conosciuto, fino a trovarlo a New York. Adesso Ragusa è proprietario di un concessionario di automobili nel quartiere del Bronx. Lì, il “vecchio Tony”, spiega il momento in cui decide lasciare il mondo artistico. “Alla fine di un concerto a Buenos Aires –dice Ragusa- è arrivato un gruppo di fan. Tutte mi toccavano, abbigliamento e corpo, ma una delle ragazzine mi ha messo una mano sulla testa ed è caduta la mia parrucca”. La fine della carriera musicale del mito fu, incredibilmente, la calvizie. Insomma, un film divertente e dinamico sempre caratteristico del regista calabrese Giuseppe Gagliardi.
Da non perdere.

Jorge Luis Garrappa
Corrispondente Lombardo

lunes, 8 de marzo de 2010

UNO SGUARDO SUL CORSO PER GIOVANI CORRISPONDENTI LOMBARDI

Innanzitutto ringrazio all’AMM (Associazione Mantovani nel Mondo) e all’EnAIP (Ente Asociación cristiana de trabajadores para la Instrucción Profesional) per questa grande opportunità di partecipare nel Corso per Corrispondenti Lombardi tenendo conto l’importanza della formazione che ci ha dato.
Ho avuto anche la possibilità di conoscere un gruppo eccellente di giovani, di origini lombarde, di diverse Paesi sudamericani (Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay). Assieme loro hanno potuto condividere l’esperienza e la realtà di ognuno e ognuno ha fatto il suo contributo e ha fortemente spinto per portare questo progetto avanti. Ce n’erano quelli che partecipavano con diversi gradi di coinvolgimento nell’associazionismo italiano. E c’eravamo chi, come me, facevamo i primi passi in questo campo.
Penso che il corso sia stato molto positivo. Ci hanno spiegato come e cos’è la Regione Lombardia, specie sugli aspetti sociali, economici, politici e la logica dei lombardi. Abbiamo pure capito cosa significa l’associazionismo, il volontariato e l’organizzazione Mantovani nel Mondo. Tutte cose che sono alla base di questo progetto. L’obiettivo è diffondere il lavoro, la realtà di quello che fanno, i lombardi e loro discendenti (oppure gli italiani complessivamente), nei nostri Paesi. E chissà il più importante di tutto: costruire ponti di comunicazione con l’Italia, senza dimenticare l’importanza della Regione Lombardia.
Però questa è stata soltanto una parte. Ritengo anche importante gli altri argomenti che ci hanno arricchito. Per esempio, l’intervento di Paolo Sensale, dell’Ufficio Stampa della Regione Lombardia, con chi abbiamo imparato le politiche del Consiglio, gli aspetti legali e costituzionali della Giunta Regionale, gli strumenti per la partecipazione dei cittadini e lo svolgimento dell’area delle telecomunicazioni per la diffusione e la comunicazione pubblica negli ambiti dei deputati e altre organizzazioni.
L’intervento di Marco Basti c'e' stato un altro punto importante in queste due settimane di lavoro. Il direttore del giornale “Tribuna Italiana” di Buenos Aires ha fatto un racconto della sua esperienza in seno alla collettività tramite il giornalismo, ereditato da suo padre Mario. Abbiamo approfondito sui diversi concetti di cui avevamo parlato nei primi giorni del Corso, sia “volontariato”, “partecipazione” che “italianità”, nei confronti del ruolo di figli o nipoti d’italiani che abitiamo lontano dalla penisola. Il caso più noto è quello dell’Argentina, dove la collettività ai primi tempi era stata divisa e dispersa nei regionalismi. Dopo gli emigrati hanno lavorato insieme sulla base dell'‘associazionismo’ per il mutuo soccorso. A mio avviso penso che bisogna capire che “l’italianità”, sebbene sia una nozione soggettiva, dovrebbe essere il mezzo di riunire e fortificare la collettività. Oggi, le associazioni hanno bisogno di più apertura ai giovani di origini italiani. In primo luogo dovuto all’invecchiamento dei suoi membri, e poi per perpetuare il legaccio. Basti, come buon esperto in giornalismo, ha sottolineato l’importanza della conoscenza del destinatario a cui è trasmessa l’italianità, il territorio, la lingua e la cultura, non solo dell’Italia ma anche quella dei Paesi in cui ognuno di noi abita e opera.
Un altro lusso c'e' stata la partecipazione del regista Rocco Oppedisano. Con lui abbiamo avuto un primo avvicinamento al linguaggio audiovisivo come strumento di discorso e comunicazione che, sicuramente, sarà da considerare nel tramandare i valori e le opere di lavoro del nostro gruppo.
Insomma, tutto ciò lo abbiamo potuto capire in un ambiente di lavoro di squadra, dove ognuno si è fatto sentire e ha contribuito con il suo grano di sabbia. Questa “pianta”, che ha cominciato a crescere, bisogna annaffiarla per godersi i suoi frutti. Questa sarà la nostra attività, quella del gruppo di giovani lombardi in America Latina.

Jorge L. Garrappa
(Argentina)