"Escribid con amor, con corazón, lo que os alcance, lo que os antoje. Que eso será bueno en el fondo, aunque la forma sea incorrecta; será apasionado, aunque a veces sea inexacto; agradará al lector, aunque rabie Garcilaso; no se parecerá a lo de nadie; pero; bueno o malo, será vuestro, nadie os lo disputará; entonces habrá prosa, habrá poesía, habrá defectos, habrá belleza." DOMINGO F. SARMIENTO



sábado, 21 de agosto de 2010

IL "NUOVO TEATRO" CAPOLAVORO ITALIANO A CORDOBA

Esistevano già altri teatri nella città mediterranea tali come il Teatro Progreso (1877), l’Edén (1887 nei pressi di San Vicente) e l’Argentino (1889).
La decade dell’80 porto a Cordoba altri importanti capolavori di architettura tra cui il Banco Provincia, il Palacio Legislativo ed la Diga San Roque.
Il Teatro “Nuovo” cominciava ad edificarsi nel 1887, sui disegni dell’assai famoso architetto italiano Francesco Tamburini, autore tra l’altro della Casa Rosada (sede del Governo nazionale), il Teatro "Colón", il Banco de la Provincia de Córdoba, l’Ospedale di Clínicas ed il carcere “Penitenziaria”.
Questo teatro era stato pensato come esempio dell’architettura del liberalismo. La classe governante voleva che gli edifici ufficiali, destinati all’attività sociale o culturale, fossero di un’architettura classica, spettacolare e più comoda, completamente diversa da quella coloniale più modesta e persino povera.
All’architetto Giuseppe Franceschi gli fu affidata la direzione dei lavori di cantiere, con uno stipendio di 200 pesos.
Il progetto del Teatro Nuevo era basato nei teatri europei di stile manierismo-palladiano con degli impianti più moderni e avanzati.
Antonio subirà fece il pavimento di legno sulla platea e ornamenti. Nel 1889, porterebbe anche dall’estero la decorazione per le opere Mefistofele, Aida e l’Africana.
Arturo Piccinini alla volta provvede l’arredamento, importando dall’Europa mobili di grande lusso che furono distribuiti dal primo piano al Paradiso.
All’artista Arturo Nembrini Gonzaga (chi decorasse l’antica sede centrale del Banco de la Provincia), gli fu affidato realizzare, nel 1888: le statue e i bassorilievi sulla loggia superiore della facciata; la decorazione (di stile pompeiano) della volta centrale, la loggia del Paradiso e le porte dei palchi come pure adornare il soffitto e le mura della loggia e del pianoterra.
Il passo del tempo e la trascuratezza ufficiale fecero si che molte queste meravigliose opere d’arte si persero.
Nel 1978, nel rifare parti dell’edificio, furono scoperte nel sotterrato, filigrane a stile di quelle esistenti sul soffitto del foyer.
Vittorio Consigli fece montare un dispositivo meccanico che con due persone faceva alzare il pavimento della platea a diversi livelli fino a quello del palcoscenico, a seconda della scenografia proposta. Smontate le poltrone, quell’ingegnoso dispositivo serviva anche per gli eventi sociali (da sala da ballo oppure per i banchetti) che spesso si offrivano ai Presidenti come Figueroa Alcorta, Roque Sáenz Peña, Uriburu e A. P. Justo. Anche il Principe Umberto Primo di Savoia fu onorato qui, in sua visita a Cordoba.
Feste di matrimonio e funerali sociali importanti, come quello del socialista Deodoro Roca, ebbero pure luogo al Teatro Nuovo.
Dai lavori di rifacimento del 1978, il dispositivo meccanico del pavimento rimase fuori servizio causa del passo dei tubi di riscaldamento sotto la platea.
Teodoro Flandín tenne a bada gli impianti elettrici cui energia era fornita da un gruppo elettrogeno proprio. Gli attrezzi erano stati portati dalla Francia e la Germania.
Nel 1890 Nembrini Gonzaga continuava a dipingere angioletti, donne ricoperte da vaporosi abiti e friggi con dei fiori esotici.
Tutto era già finito ma il teatro non apriva ancora le porte, attendeva un’iniziativa imprenditoriale per portare un’opera famosa.
Notevole la differenza di qualità delle finiture di ogni livello destinato al pubblico. Ciò si capisce dalla selezione di gerarchie sociali del XIX secolo che l’architettura esprime.
Il teatro conta una superficie di 3640 m2 e una superficie coperta complessiva di 11700 m2, una capienza di 1077 persone, 383 in platea, 22 in palchi alti, 20 in palchi bassi, 174 in cazuela, 152 in tertulia e 200 in paradiso.
Un giornalista di “La Libertad” battezzava il Colosseo appena finito con il nome di Teatro “Rivera Indarte”, in ricordo di un poeta paradossalmente con poco legame alla vita locale, fino a meta del XX secolo.
Nel 1950, anno in cui erano ricordati i cento anni della morte del Liberatore Generale San Martin, il governo peronista, capricciosamente, decise ribattezzarlo Teatro "Del Libertador General San Martín". Dopo la caduta di Peron, nel 1956, un altro decreto provinciale riconsegna la prima nominazione fino al 1973 in cui, ancora da un decreto riprende il nome di Teatro "Del Libertador General San Martín" definitivamente.
Al meno finora.
Dal 1895 in poi si presentarono sul suo palcoscenico violinisti di livello internazionale, illusionisti, artista nota come Luisa Tetrazzini a parte del tenore napolitano Enrico Caruso, Lola Membrives, Lugi Pirandello, Libertad Lamarque e altri.
Il “Libertador” è una mostra viva della storia della città mediterranea, della società, delle sue abitudini e dell’ingegno italiano.