"Escribid con amor, con corazón, lo que os alcance, lo que os antoje. Que eso será bueno en el fondo, aunque la forma sea incorrecta; será apasionado, aunque a veces sea inexacto; agradará al lector, aunque rabie Garcilaso; no se parecerá a lo de nadie; pero; bueno o malo, será vuestro, nadie os lo disputará; entonces habrá prosa, habrá poesía, habrá defectos, habrá belleza." DOMINGO F. SARMIENTO



miércoles, 6 de mayo de 2009

SULLE TRACCE DEI MARINAI ITALIANI NEL RIO DE LA PLATA

All'amico Raul Zimmermann Valle, imprenditore di origine italo-tedesca, piace moltissimo la cultura e la storia universale specie quella che coinvolge gli italiani, forse per il sangue materno che gli scorre nelle vene.
Per motivi di lavoro, di solito si reca a Buenos Aires e quando trova qualche tempo libero si tuffa in vecchie librerie ed antiquariati del famoso quartiere San Telmo alla Capitale dello Stato.
Spesso mi regala vecchi testi e riviste italiane. Poco fa mi ha portato un libro molto interessante intitolato “Il lavoro e il pensiero italiano nella Repubblica Argentina”, di Amilcare Bresso.
Non solo l’ho letto, ho divorato quel testo con grande fame di conoscere sempre di più l’attività degli italiani nel Rio de la Plata.
Benchè il libro sia stato curato dalla Segreteria Generale dei Fasci Italiani all’Estero e stampato dalle Officine Grafiche A. Mondadori di Verona nel 1933, l’autore dipinge con chiarezza i contributi fatti dagli italiani recati in queste terre sin dalla scoperta dell’America.
Vedremo chi erano e cosa avevano fatto navigatori e colonizzatori italiani al servizio della Corona di Spagna.
Sebbene non giunse di persona in queste terre, ci vuole ricordare che la scoperta dell’Indie Occidentali la fece un marinaio italiano, di origine genovese, Cristoforo Colombo, nel 1492.
Da quel momento e fino alla fondazione di Buenos Aires -per opera di Juan de Garay nel 1580- molti furono gli italiani che fecero parte degli equipaggi delle navi della flotta coloniale spagnola.
Ciò non piaceva molto agli spagnoli, anzi, non volevano che un straniero fosse piloto di navigazione ma le difficoltà di trovare buone marinai fece si che cambiassero opinione.
Da documenti indagati dall’autore risulta che, all’epoca, i nomi si componevano di due elementi: il nome di battesimo seguito da un aggettivo che si riferiva per lo più alla regione od al paese di nascita dei marinai. Ecco alcuni esempi anche curiosi: Bartolome Garcia Ginoves, Franceschin di Firenze, Giov. Batt. di Pastene e cosi via.
Il navigante vicentino, Francesco Antonio Pigafetta, storiografo della famosa spedizione condotta del celebre piloto portoghese Hernando de Magallanes, partita da Siviglia il 1 agosto e da Sanlucar il 27 settembre 1519, non dimentica nelle sue relazioni i suoi connazionali che appartennero agli equipaggi delle 5 navi comandate da Magallanes e che ebbero una parte importantissima nella scoperta delle coste argentine.
Sulla Nao Trinidad vi erano Gio. Batt. di Pozorol (Polcevera); De Cestri (Sestri); il contramaestro Francesco Albo; maestro Antonio “Genoves”, naturale di Recco; Leone Pancaldo da Saona (Savona) di cui ci occuperemo dopo; Giovanni Ginoves, marinaio da Sanremo; Martini Ginoves de Cestri (Sestri); Tommaso di Natia, marinaio di Sestri; Francesco Antonio de “Plegafetis” Pigafetta, lo storiografo e Giorgio Morisco.
Sulla Nao San Antonio, Iacomo de Mecina (Messina); Simon de Asio (Ascio o Alassio); Columbarzo da Bologna; Lucca de Mecina (Messina) e Giovanni Ginoves (Savona).
Nella Nao Concepcion vi erano i seguenti italiani: Alonso Coto (Genova); Martino de Judicibus; Merino e Genovese.
Sulla Nao Victoria, Antonio Salomon de Trapana (Trapani); Michele Beneciano de Bresa (Brescia); Nicola Ginoves da Genova; Nicolao de Napoles; Nicolao de Capua; Benito Genoves de Arvenga (Albenga); Giovanni Griego da Napoli e Antonio Bresa (Varazze).
Sulla Nao Santiago vi erano imbarcati il maestro Baltasar Ginoves, de la Rivera de Genoa; Giovanni Garcia de Genova ed il marinaio Agustin de Saona.
Purtroppo le navi Santiago, San Antonio e Concepcion affondarono morendo trágicamente molti questi italiani.
Leone Pancaldo fu Procuratore di Diego Colombo in Savona e pare che sia stato l’autore della rotta di viaggio de Magallanes e morì nel 1540 amareggiato dopo aver abbandonato la sua Santa Maria nel Riachuelo di Buenos Aires e dopo aver visto la sua rica merce venduta a prezzi irrisori.
Dopo queste vicende molti italiani rimassero nel Rio de la Plata e nel maggio 1569 Francisco Ortiz de Vergara consegnava un elenco di 76 conquistatori non spagnuoli dei quali 21 di diverse nazionalità ed il resto italiani, cioè 55.
Ecco perche siamo in condizione di dire che la colonizzazione del Rio de la Plata non c’è stata solo spagnuola ma bensì cosmopolita con un elevata percentuale di italiani.
Abbiamo dunque visto come ai numerosi italiani conquistatori piaceva prendere il nome delle loro provincia o città natie formando nell’insieme una completa nomenclatura dei porti e delle nostre località di terra ferma.
Nel 1580, data della seconda fondazione di Buenos Aires per opera di Juan de Garay, moltissimi sono gli italiani che compongono il nucleo dei fondatori di Buenos Aires nonche di Asuncion del Paraguai.
Questa partecipazione veniva retribuita con pezzi di terra con cui si favoriva ad ogni conquistatore.
Occorre a questo punto citare Joan Dominguez Palermo, ceciliano (siciliano), che arrivò all’età di 20 anni e sposò la figlia di un conquistatore.
Lui era proprietario delle terre contigue a quelle di Suarez Maldonado, dal quale ha preso il nome il fiumiciattolo che le taglia, percui il nome del quartiere e parco più belli della Capitale dello Stato argentino lo prese dal suo proprietario italiano anzichè dalla creazione di Juan Manuel de Rosas.
Molto rápidamente abbiamo passato in rivista una schiera di umili eroi che hanno scritto un secolo di storia per l’America –scrive Bresso- ma quanti nomi d’italiani, che nessuno ha avuto interesse di ricordare, rimarranno ignorati nella storia dello sforzo anónimo di quella schiera ardimentosa che ha conquistato queste terre palmo a palmo per la civiltà, gettando le basi della futura grandeza dell’America.

domingo, 3 de mayo de 2009

AMOR DE OCTUBRE

Por Jorge Alberto Garrappa

Llego
después de la adolescencia.
En juventud,
amalgamando sus esencias.
Dosificando
pasión,comprensión, paciencia,
Vida organizada,
perseverancia, abstinencia,
Llantos, risas
combinados con frecuencia.
Proyectos fracasados
compartidas sus vivencias
Proyectos realizados
festejados con prudencia
Nuestros hijos
lo mejor de la existencia
Apenas nacen
nos desvela su presencia
Cuando crecen
nos desvela su ausencia
Sexo maduro,
con pocas intermitencias
Malhumor?
solo prueba de convivencia
Reproches?
basta la sola presencia
Escuela
de amor eterno de la pareja
Ejemplo
para nuestra descendencia
“Ya no sois dos, sino uno”
divina coincidencia
Amor sincero,
ni especulación ni conveniencia
Vino bueno
sorbo a sorbo, con paciencia

LA SILLA DE RUEDAS NO ES OBSTACULO PARA EL TALENTO

Angel Balzarino es un escritor, de origen piamontés, nacido el 4 de agosto de 1943 en Villa Trinidad (SF). Desde 1956 reside en Rafaela (SF). Ha recibido numerosas distinciones por su profusa actividad literaria. Ha sido Presidente de E.R.A. (Escritores Rafaelinos Agrupados).
Por su simplicidad, su humor sutil, su fuerza de voluntad y su convicción que “la razón reside en la pluma antes que en la espada”, como dijese alguna vez Honore de Balzac, Ángel Balzarino es un hombre fascinante y un gran amigo.
En mi portal no podía faltar entonces este reportaje que le hice a Angel, en mayo de 2005, para el Portale Giornalistico dei Lombardi nel Mondo para el cual trabajo desde 2004.
En la presentación de su ultimo libro de cuentos, “El hombre acechado”, el 3 de abril de 2009 en la Biblioteca del Centro Empleados de Comercio, tuve la sensación que Angel siempre tiene cosas interesantes que decir sobre su particular modo de escribir. A continuación la versión en castellano del reportaje publicado en italiano en el sitio www.lombardinelmondo.org

¿Angel, de que parte de Italia eran tus ancestros?
Mis abuelos paternos eran de Turín, piamonteses.

¿Cuántas obras has escrito?
En forma individual tengo publicados doce libros: nueve libros de cuentos y tres novelas. Además, varios de mis trabajos han sido incluidos en más de veinticinco antologías publicadas en la Argentina y en diversos países, como los Estados Unidos, México, España, República de Panamá y el Reino Unido.

¿Cuál de todas aprecias más?
Es difícil determinar eso. Cada obra tiene un significado especial, sobre todo mientras uno la imagina, proyecta y escribe. En el curso de este proceso, la obra que se encuentra en construcción es sin duda la más importante o la que uno quisiera que fuera mejor que todas las anteriores. Al ser publicada y quedar a disposición de los lectores, cada obra suele deparar distintos juicios y opiniones. En cuanto a reacciones favorables y que han lograba brindarme mayor beneplácito y gratificación, podría mencionar varios títulos: “El ordenanza”, “Rosa”, “El acecho”, “La visita del general”, “Concierto para violín y orquesta Op 61”, “Territorio de sombras y esplendor”.

En tu libro "Antes del primer grito", ya sea en el primer cuento ("Como viento huracanado"), como en el cuarto ("Antes del primer grito"), se percibe una atmósfera violenta que recuerda los años de la dictadura militar. ¿Es así?
Los dos cuentos pretenden reflejar algunos hechos que fueron bastante comunes o habituales durante la época de la última dictadura militar en nuestro país. Concretamente, el cuento “Como viento huracanado” surgió al escuchar por radio las declaraciones de una muchacha que trataba de saber su verdadera identidad y procuraba encontrar a miembros de su familia, ya que, al morir sus padres a manos de los militares, ella tenía apenas unos meses y había quedado a cargo de una familia extraña. En cambio el otro cuento, “Antes del primer grito”, no nació a raíz de un suceso determinado, sino que es la recreación literaria de una circunstancia reiterada en tiempos de la dictadura militar: la apropiación de los bebés que tenían las prisioneras embarazadas mientras se encontraban en prisión.

Has ganado veinticinco premios nacionales, ¿cuántos internacionales?
A nivel internacional, hasta ahora, han sido varias las distinciones recibidas por algunos de mis trabajos. Al respecto, lo que considero más destacable y me produce una profunda satisfacción, es el hecho de que estas distinciones, sin buscarlas ni esperarlas, llegaron de manera sorpresiva. Por obra del interés o méritos descubiertos por la lectura de mis cuentos, ya sea por los difundidos a través de las ediciones impresas en papel como por los que se encuentran en mi página personal (www.rafaela.com/balzarino) o en las numerosas revistas literarias que circulan por Internet. Así, mi cuento “Rosa” fue incluido en diversas antologías publicadas en los Estados Unidos: “Cuéntame: lecturas interactivas”, “Avanzando: gramática española y lectura” y “Realidades 3”. En estos casos, sin duda lo que constituye el mayor honor es participar en libros junto a escritores como Jorge Luís Borges, Octavio Paz, Guillermo Cabrera Infante y Ana María Matute. Algo similar ocurrió con otros cuentos: “El acecho” al ser incluido en el libro “Leer, especular, comunicar”, editado en el Reino Unido; “Prueba de hombre” en la antología “Narradores argentinos”, publicada en México; “Concierto para violín y orquesta Op 61” y “El hombre de negro” seleccionados para integrar publicaciones en la República de Panamá.

Llevas adelante una larga lucha por la eliminación de las barreras urbanísticas que hacen la vida más difícil a los discapacitados. Al respecto, pareces haberte transformado en el enemigo público número uno de las administraciones municipales.
Sin duda eliminar las barreras arquitectónicas y construir rampas para el acceso a las veredas y edificios constituyen los requisitos básicos y elementales para que los discapacitados motores puedan desplazarse con cierta facilidad por la ciudad. Y en este aspecto, lamentablemente, nuestra ciudad, Rafaela, cuenta con innumerables sitios que presentan obstáculos insalvables para los discapacitados. Tras afrontar en carne propia durante muchos años tales dificultades con un sentimiento de pasividad y aun de resignación, un día decidí, tal vez en un tardío gesto de rebeldía, tratar de modificar esta situación. A través de notas elevadas a las autoridades municipales y la publicación de cartas en los medios periodísticos locales. Si bien en los últimos tiempos se ha podido advertir la construcción de rampas en diversos lugares de la ciudad, merced a disposiciones establecidas en ordenanzas municipales, no deja de provocar cierto escozor comprobar que muchas de las rampas, por impericia o desconocimiento de quienes las construyen o colocan, no pueden ser utilizadas por los discapacitados en forma autónoma, sin requerir el servicio de terceras personas, lo cual lleva implícito un sesgo discriminatorio. En cuanto a la posibilidad de haberme transformado en el enemigo público número uno de las administraciones municipales, me tiene absolutamente sin cuidado si ello obedece al hecho de bregar para que la ciudad de Rafaela cuente con las estructuras acordes a las necesidades de los discapacitados. Más bien diría que, si las administraciones municipales lo creen así, resulta un privilegio y un honor.

El escrito intitulado "Centro de ayuda al suicida", ha desencadenado las más diversas opiniones. ¿Por qué has decidido publicar un cuento para criticar este servicio en lugar de ir a decírselo personalmente?
Efectivamente, “Centro de ayuda al suicida” es un cuento que ha provocado diversas opiniones. A favor, incluso de manera elogiosa, y también de molestia o reprobación. Con respecto a los juicios que trasuntan un tinte de furor o indignación, creo que tienen su origen en el hecho de considerar al texto de “Centro de ayuda al suicida” como un comentario o nota crítica sobre el servicio que presta la “Red de asistencia en crisis y prevención del suicido”, en lugar de juzgarlo como lo que es realmente: un cuento, una creación literaria, una obra de ficción que desarrolla una historia. Si mi propósito hubiera sido cuestionar o poner en duda la eficacia de la “Red de asistencia en crisis y prevención del suicidio”, lo habría manifestado a través de una carta o un llamado telefónico, por ejemplo. Soy simplemente un escritor que, al reflejar alguna experiencia personal, evocar figuras y episodios que han prevalecido en el curso de los años en el plano histórico o plasmar algo surgido puramente de la fantasía, procuro elaborar, por medio del cuento y la novela corta, una obra de arte. Del mejor modo posible. Alentaba ese único objetivo al escribir el cuento “Centro de ayuda al suicida”. Y creo que en este contexto debe ser valorado: por sus cualidades literarias, buenas o malas. Atribuirle cualquier otro sentido o finalidad, dependerá exclusivamente de cada lector.

¿Te gusta interpretar el rol de hombre controversial?
No tengo el objetivo de representar ese rol. Más bien me veo a veces, de manera natural e irrevocable, en la necesidad de sostener disputas por diversas cuestiones. Muestra de ello es lo expresado con referencia a las barreras arquitectónicas y las reacciones generadas por el cuento “Centro de ayuda al suicida”.

Digamos que la Argentina es un país cotidianamente generoso en temas de todo tipo, pero ¿dónde encuentras la fuente de inspiración para tus cuentos?
Los temas suelen provenir de diversas fuentes: un hecho cotidiano, algún vestigio de sueño, un episodio histórico o una vivencia personal. Y el género elegido siempre ha sido el cuento, aunque también suelo incursionar por la novela corta. No sé si me incliné naturalmente hacia el cuento o si éste, con su innato y fascinante atractivo, logró conquistarme desde que comencé a escribir. Pero realmente se trata del género que me brinda mayor comodidad y placer para expresar lo que deseo.

LIBROS PUBLICADOS:
Cuentos: “El hombre que tenía miedo” (1974), “Albertina lo llama, señor Proust” (1979), “La visita del general” (1981), “Las otras manos” (1987), “La casa y el exilio” (1994), “Hombres y hazañas” (1996), “Mariel entre nosotros” (1998), “Antes del primer grito” (2003) y “El hombre acechado” (2009).
Novelas: “Cenizas del roble” (1985), “Horizontes en el viento” (1989), “Territorio de sombras y esplendor” (1997).
ANTOLOGÍAS:
“De orilla a orilla” (1972), “Cuentistas provinciales” (1977), “40 cuentos breves argentinos - Siglo XX” (1977), “Cuentistas argentinos” (1980), “Antología literaria regional santafesina” (1983), “39 cuentos argentinos de vanguardia” (1985), “Nosotros contamos cuentos” (1987), “Santa Fe en la literatura” (1989), “Vº Centenario del Descubrimiento de América” (1992), “Antología cultural del litoral argentino” (1995), “Palabras rafaelinas” (1998), “Palabrabierta” (2000), “Primer Encuentro de Narrativa – Bialet Massé – Nacional” (2005), “Leer la Argentina” (2005).
LIBROS COMPARTIDOS:
Su cuento “Rosa” ha sido incluido en “Cuéntame: lecturas interactivas” (1990), “Avanzando: gramática española y lectura” (3ª Edición, 1994, 4ª Edición, 1998), y “Realidades 3” (2003), obras editadas en los Estados Unidos.
Otro cuento, “Prueba de hombre”, integra la antología “Narradores argentinos” (1998), publicada por la Revista “Cultura de Veracruz”, México.
El cuento “El acecho” fue incluido en el libro “Leer, especular, comunicar”, editado en 2002 por Advance Materials, del Reino Unido.
PREMIOS Y/O MENCIONES:
Entre las numerosas distinciones por su actividad literaria se pueden mencionar: Premio “Mateo Booz - 1968”, Primer Premio “Ciudad de Santa Fe - 1970”, Premio Nacional “ALPI - 1971”, Premio “Jorge Luis Borges - 1976”, Premio Anual por el “Bienio 1976-77” de la Asociación Santafesina de Escritores, Mención Especial en el género narrativa “Premio Alcides Greca- 1984” de la Subsecretaría de Cultura de la Provincia de Santa Fe, Premio “Fondo Editorial años 1986-1995-1996” de la Municipalidad de Rafaela, “Faja de Honor 1996 y 1998” de la Asociación Santafesina de Escritores.