Da sempre mi ha inquietato sapere come reagivano gli italiani residenti in Argentina rispetto alle guerre in cui l’Italia era stata coinvolta.
Ho appreso che la prima guerra in Etiopia (1895-1896), la guerra contro i turchi (1911-1912) e la Grande Guerra (1915-1918), contribuirono a rafforzare la solidarietà e l’identità tra gli italiani residenti in Argentina.
Nonostante qualche differenza, la maggioranza degli emigrati agiva in un clima di patriottismo sopportato dalle Società Italiane, dai Circoli regionali e dalla stampa della collettività che appoggiavano gli sforzi bellici italiani.
L’Italia intendeva posizionarsi meglio tra le potenze europee che concorrevano per allargare le loro dominazioni colonialistiche in Africa. Malgrado le limitazioni italiane, in quella corsa il Regno non poteva fermarsi altrimenti sarebbe rimasto fuori dai tavoli in cui venivano prese tutte le decisioni mondiali.
Ecco perchè la partecipazione dell’Italia nel 1915 a fianco dell’Intesa contro il nemico eterno, l’Austria-Ungheria, riuscì ad unire la maggioranza degli italiani residenti in Argentina.
Tra il 1915 e il 1918 i fondi raccolti in seno alla collettività italiana in Argentina raggiunsero oltre i 1.000.000.000 di Lire ed il numero di rimpatriati, sia da volontari che da chiamati alle armi, raggiunse i 32.430 (1)
A parte questo, la società argentina espresse simpatia agli ospiti italiani ed alla loro giusta causa per recuperare le terre irredenti. Alla fine anche gli argentini sapevano di questioni territoriali sia con il Cile che con il Regno Unito.
Forse per questo non si considerò mai nessuna manifestazione di patriottismo come pericolosa o contraria alla lealtà verso la patria adottiva. (2)
Nel 1933 Il Mattino d´Italia, quotidiano fascista degli italiani immigrati in Argentina, lanciò un referendum tra i suoi lettori. Dovevano rispondere alla domanda: “Cosa direste a Mussolini se aveste occasione di parlargli?”. Ebbe un successo straordinario. Risposero in 44.000. Per gli “italiani all’estero”, come lui stesso aveva voluto ribattezzare gli emigrati, il duce era l’uomo che aveva dato alla patria ormai lontana un ruolo nel mondo. Era un "padre dell’umanità", un "redentore", un "messia". (3)
Comunque la guerra italo-abissina degli anni 1935 e 1936 provocò divisioni politiche tra fascisti ed antifascisti, prima all’interno della collettività italiana e poi in tutta la società argentina. Il dibattito interno fece sì che le divisioni delle Società e Circoli regionali italiani fossero più frequenti.
I fascisti infatti, cercarono appoggio e solidarietà -verso la politica estera di Mussolini- presso personalità politiche e culturali dell’Argentina come Arturo Rossi, medico chirurgo dell’Ospedale Italiano di Buenos Aires e direttore dell’Asociación Argentina de Biotipología, Eugenesia y Medicina Social, che creò nel 1935 un Comitato Pro-Italia per raccogliere firme degli intellettuali contro le punizioni economiche all’Italia. Di fatto, a Ginevra l’Argentina aveva votato contro la posizione dell’Italia.
Altri comitati si aprirono ad altre città argentine, appoggiati dalle autorità locali, e nel dicembre del 1935 venne organizzata la Settimana dell’Italia a Buenos Aires a sostegno della politica africana del regime. Questi comitati raggiunsero le 400.000 firme e l’Associazione Patriottica Italiana (API) organizzò l’invio di alimenti, la riscossione dei soldi, le Giornate della fede ed i Giorni della catena affinché i connazionali dessero in dono gli anelli matrimoniali e le catenine d’oro. Anche la Camera di Commercio portegna organizzò una riscossione di fondi per comprare lingotti d’oro che poi furono consegnati all’Ambasciata.
Malgrado le divisioni interne, anche stavolta oltre 700 nostri connazionali vollero rientrare in Patria come volontari. Dal porto di Buenos Aires partirono quattro contingenti di volontari durante i mesi di ottobre e novembre. Il viaggio fu fatto con la nave Augustus il 1° ottobre, con l’Oceania il giorno 11 e con il Conte Grande il 18. Il quarto contingente partì il 19 novembre una volta che l’Augustus fece rientro dall’Europa.
Anche la Chiesa era coinvolta nel conflitto africano; Don Orione, sacerdote missionario, chiese la benedizione divina per la guerra coloniale, il sacerdote Onorato Amendola de Tebaidi (figlio di un colonnello italiano morto nel 1915 e di Edwige Tebaidi), nato a Pesaro il 19 febbraio 1901, partì con la famiglia per l’America nel 1924. Due anni più tardi fu ordinato sacerdote nell’arcidiocesi di La Plata. Poi si iscrisse nel Fascio di Bahía Blanca. Fu economo, parroco e Cappellano Vicario. Contemporaneamente ebbe l'incarico di professore di italiano e filosofia all'Università nazionale. Nel 1931 fondò l'associazione Goliárdica de Artístas y Periodístas. Nel 1934 fu delegato e oratore durante il XXXII Congreso Eucarístico Internacional di Buenos Aires. Lui accompagnava i volontari che salpavano verso l’Africa come aspirante a cappellano e giornalista (4)
Tra gli avversari, il giornale antifascista L’Italia del Popolo, che il 14 luglio 1935 invitava a una mobilitazione anti-bellicista e alla creazione di un comitato contro la guerra in Abissinia presieduto da Nicola Cilla a cui aderivano associazioni italiane antifasciste.
L’accanita pirotecnia verbale continuò fino all’entrata in combattimento della Legione Parini di cui facevano parte i volontari americani, allora L’Italia del Popolo si fermò improvvisamente e le cronache acquisirono un tono più oggettivo e il 6 maggio intitolava “La guerra è finita! Mussolini annuncia l’immediato ristabilimento della pace”.
Per strada gli italiani festeggiavano la vittoria africana e l’equazione Fascismo=Patria sembrava impadronirsi della complessiva collettività in Argentina.
La guerra civile spagnola e la partecipazione delle diverse potenze nel nuovo conflitto divenne una palese realtà e l’invio di truppe da parte di Mussolini (Corpo Truppe Volontarie italiane), riaccese la polemica ma stavolta anche gli antifascisti ebbero la possibilità di riscuotere soldi e reclutare volontari per arruolarsi nelle Brigate Internazionali che marciavano a lottare contro le forze Franchiste ed alleate. Il primo, Candido Testa, giunse a Barcellona e creò il Battaglione della morte (5).
Questo conflitto però non solo mise a confronto gli italiani ma anche tutta la società argentina, ormai composta da una nutrita collettività spagnola. Comunque la guerra di Spagna offrì ai fascisti italiani l’occasione di tenersi più stretti ai nazionalisti argentini.
Appena finito il conflitto spagnolo, scoppiò il Secondo Conflitto Mondiale e l’Italia entrò nell’asse Roma-Berlino-Tokio.
L’Italia del Popolo e le Associazioni schierate nell’antifascismo, che ora sottolineavano il valore militare dei soldati italiani nei confronti dei tedeschi, decisero di abbandonare la dura critica e, il direttore del giornale Vittorio Mosca, scrisse: “L’Italia del Popolo, giornale italiano, non ammaina la sua bandiera di libertà e democrazia ma neppure dimentica che sono i nostri fratelli a morire sul fronte di battaglia”.(6)
Sebbene non si verificarono vittorie italiane di successo -fino alla caduta del Duce nel 1943 e la costituzione della Repubblica Sociale Italiana- la collettività italiana rimase come suggellata in attesa dello snodamento della situazione bellica.
Ancora una volta l’equazione Patria=Fascismo sembrava funzionare grazie alla condanna di Badoglio, ai bombardamenti alleati su città aperte, ai crimini portati avanti dalle forze di occupazione.
Nell’Argentina di Farrell e Perón le nostre aspirazioni e la nostra fede trovano la comprensione più cordiale e la corrispondenza più fraterna. (7)
Per i fascisti di Argentina, come Virginio Gayda, l’Italia entrò in guerra contro le ingiustizie della vittoria mutilata di Versailles e tutti gli italiani, senza escludere nessuno, devono avere coscienza della loro responsabilità perché la Patria si deve servire ad ogni momento e ad ogni posto e il tempo e la distanza non contano niente, perché ogni arma è buona per combattere. (8)
(1)Incisa di Camerana 1998: 388
(2)Franzina 2000: 70
(3)La favola argentina di Mussolini – Repubblica – 24/04/2006.
(4)Capizzano 2005.
(5)L’Italia del Popolo - 05/1/1937.
(6)L’Italia del Popolo - 11/6/1940.
(7)La Patria degli Italiani – giugno 1944.
(8)La Patria degli Italiani - marzo 1941.
Ho appreso che la prima guerra in Etiopia (1895-1896), la guerra contro i turchi (1911-1912) e la Grande Guerra (1915-1918), contribuirono a rafforzare la solidarietà e l’identità tra gli italiani residenti in Argentina.
Nonostante qualche differenza, la maggioranza degli emigrati agiva in un clima di patriottismo sopportato dalle Società Italiane, dai Circoli regionali e dalla stampa della collettività che appoggiavano gli sforzi bellici italiani.
L’Italia intendeva posizionarsi meglio tra le potenze europee che concorrevano per allargare le loro dominazioni colonialistiche in Africa. Malgrado le limitazioni italiane, in quella corsa il Regno non poteva fermarsi altrimenti sarebbe rimasto fuori dai tavoli in cui venivano prese tutte le decisioni mondiali.
Ecco perchè la partecipazione dell’Italia nel 1915 a fianco dell’Intesa contro il nemico eterno, l’Austria-Ungheria, riuscì ad unire la maggioranza degli italiani residenti in Argentina.
Tra il 1915 e il 1918 i fondi raccolti in seno alla collettività italiana in Argentina raggiunsero oltre i 1.000.000.000 di Lire ed il numero di rimpatriati, sia da volontari che da chiamati alle armi, raggiunse i 32.430 (1)
A parte questo, la società argentina espresse simpatia agli ospiti italiani ed alla loro giusta causa per recuperare le terre irredenti. Alla fine anche gli argentini sapevano di questioni territoriali sia con il Cile che con il Regno Unito.
Forse per questo non si considerò mai nessuna manifestazione di patriottismo come pericolosa o contraria alla lealtà verso la patria adottiva. (2)
Nel 1933 Il Mattino d´Italia, quotidiano fascista degli italiani immigrati in Argentina, lanciò un referendum tra i suoi lettori. Dovevano rispondere alla domanda: “Cosa direste a Mussolini se aveste occasione di parlargli?”. Ebbe un successo straordinario. Risposero in 44.000. Per gli “italiani all’estero”, come lui stesso aveva voluto ribattezzare gli emigrati, il duce era l’uomo che aveva dato alla patria ormai lontana un ruolo nel mondo. Era un "padre dell’umanità", un "redentore", un "messia". (3)
Comunque la guerra italo-abissina degli anni 1935 e 1936 provocò divisioni politiche tra fascisti ed antifascisti, prima all’interno della collettività italiana e poi in tutta la società argentina. Il dibattito interno fece sì che le divisioni delle Società e Circoli regionali italiani fossero più frequenti.
I fascisti infatti, cercarono appoggio e solidarietà -verso la politica estera di Mussolini- presso personalità politiche e culturali dell’Argentina come Arturo Rossi, medico chirurgo dell’Ospedale Italiano di Buenos Aires e direttore dell’Asociación Argentina de Biotipología, Eugenesia y Medicina Social, che creò nel 1935 un Comitato Pro-Italia per raccogliere firme degli intellettuali contro le punizioni economiche all’Italia. Di fatto, a Ginevra l’Argentina aveva votato contro la posizione dell’Italia.
Altri comitati si aprirono ad altre città argentine, appoggiati dalle autorità locali, e nel dicembre del 1935 venne organizzata la Settimana dell’Italia a Buenos Aires a sostegno della politica africana del regime. Questi comitati raggiunsero le 400.000 firme e l’Associazione Patriottica Italiana (API) organizzò l’invio di alimenti, la riscossione dei soldi, le Giornate della fede ed i Giorni della catena affinché i connazionali dessero in dono gli anelli matrimoniali e le catenine d’oro. Anche la Camera di Commercio portegna organizzò una riscossione di fondi per comprare lingotti d’oro che poi furono consegnati all’Ambasciata.
Malgrado le divisioni interne, anche stavolta oltre 700 nostri connazionali vollero rientrare in Patria come volontari. Dal porto di Buenos Aires partirono quattro contingenti di volontari durante i mesi di ottobre e novembre. Il viaggio fu fatto con la nave Augustus il 1° ottobre, con l’Oceania il giorno 11 e con il Conte Grande il 18. Il quarto contingente partì il 19 novembre una volta che l’Augustus fece rientro dall’Europa.
Anche la Chiesa era coinvolta nel conflitto africano; Don Orione, sacerdote missionario, chiese la benedizione divina per la guerra coloniale, il sacerdote Onorato Amendola de Tebaidi (figlio di un colonnello italiano morto nel 1915 e di Edwige Tebaidi), nato a Pesaro il 19 febbraio 1901, partì con la famiglia per l’America nel 1924. Due anni più tardi fu ordinato sacerdote nell’arcidiocesi di La Plata. Poi si iscrisse nel Fascio di Bahía Blanca. Fu economo, parroco e Cappellano Vicario. Contemporaneamente ebbe l'incarico di professore di italiano e filosofia all'Università nazionale. Nel 1931 fondò l'associazione Goliárdica de Artístas y Periodístas. Nel 1934 fu delegato e oratore durante il XXXII Congreso Eucarístico Internacional di Buenos Aires. Lui accompagnava i volontari che salpavano verso l’Africa come aspirante a cappellano e giornalista (4)
Tra gli avversari, il giornale antifascista L’Italia del Popolo, che il 14 luglio 1935 invitava a una mobilitazione anti-bellicista e alla creazione di un comitato contro la guerra in Abissinia presieduto da Nicola Cilla a cui aderivano associazioni italiane antifasciste.
L’accanita pirotecnia verbale continuò fino all’entrata in combattimento della Legione Parini di cui facevano parte i volontari americani, allora L’Italia del Popolo si fermò improvvisamente e le cronache acquisirono un tono più oggettivo e il 6 maggio intitolava “La guerra è finita! Mussolini annuncia l’immediato ristabilimento della pace”.
Per strada gli italiani festeggiavano la vittoria africana e l’equazione Fascismo=Patria sembrava impadronirsi della complessiva collettività in Argentina.
La guerra civile spagnola e la partecipazione delle diverse potenze nel nuovo conflitto divenne una palese realtà e l’invio di truppe da parte di Mussolini (Corpo Truppe Volontarie italiane), riaccese la polemica ma stavolta anche gli antifascisti ebbero la possibilità di riscuotere soldi e reclutare volontari per arruolarsi nelle Brigate Internazionali che marciavano a lottare contro le forze Franchiste ed alleate. Il primo, Candido Testa, giunse a Barcellona e creò il Battaglione della morte (5).
Questo conflitto però non solo mise a confronto gli italiani ma anche tutta la società argentina, ormai composta da una nutrita collettività spagnola. Comunque la guerra di Spagna offrì ai fascisti italiani l’occasione di tenersi più stretti ai nazionalisti argentini.
Appena finito il conflitto spagnolo, scoppiò il Secondo Conflitto Mondiale e l’Italia entrò nell’asse Roma-Berlino-Tokio.
L’Italia del Popolo e le Associazioni schierate nell’antifascismo, che ora sottolineavano il valore militare dei soldati italiani nei confronti dei tedeschi, decisero di abbandonare la dura critica e, il direttore del giornale Vittorio Mosca, scrisse: “L’Italia del Popolo, giornale italiano, non ammaina la sua bandiera di libertà e democrazia ma neppure dimentica che sono i nostri fratelli a morire sul fronte di battaglia”.(6)
Sebbene non si verificarono vittorie italiane di successo -fino alla caduta del Duce nel 1943 e la costituzione della Repubblica Sociale Italiana- la collettività italiana rimase come suggellata in attesa dello snodamento della situazione bellica.
Ancora una volta l’equazione Patria=Fascismo sembrava funzionare grazie alla condanna di Badoglio, ai bombardamenti alleati su città aperte, ai crimini portati avanti dalle forze di occupazione.
Nell’Argentina di Farrell e Perón le nostre aspirazioni e la nostra fede trovano la comprensione più cordiale e la corrispondenza più fraterna. (7)
Per i fascisti di Argentina, come Virginio Gayda, l’Italia entrò in guerra contro le ingiustizie della vittoria mutilata di Versailles e tutti gli italiani, senza escludere nessuno, devono avere coscienza della loro responsabilità perché la Patria si deve servire ad ogni momento e ad ogni posto e il tempo e la distanza non contano niente, perché ogni arma è buona per combattere. (8)
(1)Incisa di Camerana 1998: 388
(2)Franzina 2000: 70
(3)La favola argentina di Mussolini – Repubblica – 24/04/2006.
(4)Capizzano 2005.
(5)L’Italia del Popolo - 05/1/1937.
(6)L’Italia del Popolo - 11/6/1940.
(7)La Patria degli Italiani – giugno 1944.
(8)La Patria degli Italiani - marzo 1941.
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