"Escribid con amor, con corazón, lo que os alcance, lo que os antoje. Que eso será bueno en el fondo, aunque la forma sea incorrecta; será apasionado, aunque a veces sea inexacto; agradará al lector, aunque rabie Garcilaso; no se parecerá a lo de nadie; pero; bueno o malo, será vuestro, nadie os lo disputará; entonces habrá prosa, habrá poesía, habrá defectos, habrá belleza." DOMINGO F. SARMIENTO



viernes, 31 de octubre de 2008

PERCHE GLI OPERAI ARGENTINI NON SONO SOCIALISTI?

Il fenomeno sociale percui gli operai in argentina non sono mai stati socialisti o comunisti, ma peronisti, ce lo spiegava –nel ’50- lo sociologo romano Gino Germani.

Siccome l’Argentina, un Paese contadinesco nel 1869, divenne maggiormente urbano nel 1947, il dibattito si scatenò intorno all’interpretazione delle conseguenze delle migrazioni interne sul movimento operaio organizzato argentino.
Trattavasi cosi di spiegare se, l’inserimento dei nuovi operai all’industria urbana durante gli anni ’30, aveva reso possibile la formazione del Movimento Peronista negli anni ‘40. Negli anni ’50 appare la prima tesi su questo particolare svolta dallo sociologo italiano Gino Germani.
Il suddetto sociologo, era nato a Roma nel 1911. Figlio unico che conobbe il cattolicismo da sua madre contadina ed il socialismo dal passato giovanile di suo padre sarto. Emigrato nel 1934, a seguito di essere stato carcerato dal regime fascista di Benito Mussolini, giunse in Argentina e decise non continuare a studiare economia per dedicarsi alla filosofia ed alla sociologia. Partecipò attivamente presso il Centro de Estudiantes de la Facultad de Filosofía y Letras dell’Universidad de Buenos Aires nonchè ai circoli antifascisti.
Secondo Germani, l’irruzione di migliaia di migranti -venuti dall’interno del Paese- alla Capitale dello Stato, produco il sorgimento di un forte contrasto culturale tra “vecchi” e “nuovi” operai. I “vecchi” operai, legati alla cultura urbana moderna ed europea, avevano per lo più un profilo di sinistra versato sugli organizzazioni sindacali cobattive. I “nuovi” invece, si caratterizzavano per avere una mentalità più tradizionale, carente di una ideologia, insomma una “massa disponibile” disposta al dialogo sia con lo Stato che con qualsiasi altro interlocutore.
Questa sua tesi conclude con l’argomento che l’assenza di una ideologia politica fu sfruttata da Juan Peron in modo di guadagnare molti suoi addetti pochi anni dopo. Ciò valse a Germani l’essere proscritto per oppositore al regime (lui legava il peronismo al fascismo).
Con la caduta di Perón, Germani fondava -il 14 marzo 1955- le carriere di sociologia e psicologia all’Università di Buenos Aires. Da quel momento, Germani cominciò un periodo di fitta produzione accademicista, tramite i suoi legami con sociologhi del nordamerica. Questa tappa si chiuse nel 1966, con il colpo di stato del Generale Juan Carlos Onganía al governo del Presidente Arturo Umberto Illia.
In questo quadro, Germani decide acettare un’invito dell’Università di Harvard, in cui fu professore di studi latinoamericani, e abbandona il Paese. Dal 1975 fece il professore presso l’Università di Napoli fino alla sua scomparsa accaduta a Roma nel 1979.

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