Di Giorgio Garrappa Albani
Altro che metafora cinematografica. “L’ora legale” è la palese realtà che si
avvera in quest’Argentina che, due anni fa, voleva un cambiamento radicale proprio come
Pietrammare nel film di Ficarra e Picone.
Guardando il recente film “L’ora
legale”, ho visto le somiglianze tra l’Italia e l’Argentina di oggi.
Quella “fiction” trascorre in un paese della Sicilia –
Pietrammare - in cui la stragrande maggioranza dei residenti sono in fermento
per le prossime elezioni amministrative.
I cittadini, che avevano subito e si erano abituati da
sempre ad amministrazioni corrotte come quella del Sindaco che vuole essere rieletto,
vogliono un cambiamento.
Od almeno è quello che pensano.
Un semplice professore, onesto e molto impegnativo,
promette cambiare le cattive abitudini dei cittadini, mettendo a posto, senza alcuna
distinzione, tutto ciò che va fuori regola o fuori legge.
Parcheggio anomalo, abusivismo edilizio, rifiuti, qualità
di vita dei cittadini, inquinamento industriale ed altro vanno man mano, regolarizzati.
Questi cambiamenti, cosi radicali ed elencati in
campagna elettorale, vengono compiuti senza esitare dal sindaco eletto.
Contemporaneamente, tutti coloro che avevano, fino ad
oggi, fatto uso di qualche favoritismo illegale, ma interpretato come normale,
si sentono minacciati.
Ma non solo.
Infatti, perfino il potere di Roma, messo al corrente
di questa ventata politica che soffia da Libeccio, vede tremare le fondamenta
della corruzione e l’impunità politica regnante nell’intero paese.
E una cosa del genere non potrebbe mai capitare.
Anche il parroco di Pietrammare, che aveva spinto
fortemente per il cambiamento, si rifiuta di pagare le tasse del suo “bed and
breakfast”.
Dopodiché dichiara guerra pure lui al nuovo Sindaco.
Al di là di mostrare come la città sia davvero migliorata
grazie agli sforzi di tutti, l’appena eletto Sindaco –sei mesi prima- viene
costretto a dimettersi dalla folla mobilitata e comandata dagli operatori
politici e… dal Prete!!!
Cioè, politica e chiesa contro la legalità e l’onesta?
Finito il periodo dell’ora legale italiana, l'ex
sindaco corrotto tornerà a governare Pietrammare.
Macri vince nel ballottaggio del 2015 perché
gli argentini volevano un cambiamento radicale.
Proprio come i cittadini di
Pietrammare.
Comunque il suo partito politico “Cambiemos”,
non raggiunge la necessaria maggioranza in Parlamento.
Sin dall’inizio, l’opposizione politico-sindacale
-che non si aspettava una sconfitta del genere- si vede minacciata all’ergastolo
da una giustizia storta e comincia a mostrare la sua peggiore faccia
reazionaria.
La premeditata e molto simbolica “assenza”
del Presidente uscente, la vedova Cristina Fernandez fu la palese dimostrazione
dell’avvenire.
Lei si rifiuto di consegnare al
Presidente eletto, Mauricio Macri, gli attributi dell’istituzione presidenziale
argentina.
A parte questo, a poco a poco si
verifica una certa mancanza di collaborazione dai settori economici ed imprenditoriali
a cui appartiene il proprio Presidente.
Incredibile.
Tocca a MM scavalcare una eredita micidiale,
lasciata dal populismo Kirchnerista: 40 % d’inflazione annua, 32 % di poveri, ingrandimento
smisurato dello stato, crollo del sistema energetico nazionale, mancanza
d’infrastruttura produttiva, distruzione del sistema statistico nazionale ed altissimi
costi di produzione, tra l’altro.
Tutto ciò immerso nel mare di una
corruzione mai vista.
Dopo due anni di governo si vede qualche
miglioramento: riduzione di 2 punti di povertà, meno corruzione, opere
d’infrastruttura produttiva in corso, ricostruzione del sistema statistico, riduzione
dell’inflazione anche se continua ad essere ancora molto alta dovuto
all’aumento dei prodotti basici, specie alimentari.
Per ricostruire il sistema energetico
ci voleva ritagliare progressivamente i sussidi statali all’energia pero, la
politica fiscale di gradualismo, non ce l’ha fatta a fermare la spirale
inflazionaria.
Sfortunatamente, la siccità che colpi
l’Argentina duramente nel 2017/18 ha lasciato perdite enormi dell’ordine dei
5.000.000,00 u$s.
Malgrado tutto ciò, lo scorso anno il
paese era riuscito a riconquistare la fiducia dei mercati vendendo 2,75
miliardi di bond centennali, facendo parlare di una svolta con la nuova
amministrazione.
Molti riconoscono le riforme fatte
dall'amministrazione del calabrese Macri, che nonostante le proteste hanno
ravvicinato Buenos Aires al Fmi e ai suoi dettami liberisti: dal mercato del
lavoro e dalla burocrazia al fisco.
Come nel film italiano, pare che sia
finita la luna del miele fra il presidente Mauricio Macrì - che aveva promesso
di attrarre capitali e riequilibrare le finanze pubbliche – ed alcuni
investitori appartenenti al “Cerchio Rosso”.
È vero però che molti formatori dei
prezzi locali hanno tradito al Presidente e lui lo ha percepito con chiarezza.
Al carovita, che non ha soluzione di
continuità, ora si aggiunge il “carry trade” dai capitali esterni che tornano
negli Stati Uniti in cerca di migliori tasse e al sicuro.
Questo fenomeno ha scatenato una corsa
della valuta statunitense che per tentare di frenarla obbligarono al governo a rialzare
spaventosamente le tasse d'interesse al 50% e svalutare il peso del 45% circa.
Il fantasma del 2001 è tornato a
sorvolare il Paese.
Tutto ciò succede mentre i mercati
chiedono a Macri una riduzione dell'inflazione con misure fiscali che, per
forza, sono impopolari ad un anno dell’elezioni presidenziali.
Stretta del bilancio, anticipata e
maggiore del previsto.
Macri rischia così di restare
intrappolato in una manovra di aggiramento costretto da una parte a fare i
conti con la finanza estera, dall'altra col malcontento popolare che torna a
farsi sentire e braccio di ferro con i sindacati che chiedono aumenti per
mantenere gli stipendi al passo con l'inflazione pero aumentando il costo
produttivo argentino e facendolo meno concorrente in riguardo ad altri paesi
della regione.
Un panorama davvero dantesco cui
risoluzione dipenderà solo dalla guida di Macri ed il comportamento della sua
squadra.
Pare che i gli ultimi cambiamenti,
soprattutto quello della banca centrale, oggi sotto la guida di Nicolas Caputo,
stiano dando risultati mettendo il dollaro sotto un certo controllo.
Ma le scosse non sono ancora finite.
Il secondo semestre dell’anno vedrà
una pronunciata recessione economica e i ritagli fiscali saranno all’ordine del
giorno e a tutto livello.
Dopo una caduta strepitosa del PIL nel
2018, si aspetta nel 2019 una crescita di 1,5 punti del PIL ed una inflazione
dell’ordine del 17%.
Questi duri cambiamenti, compiuti senza esitare dal
governo, sono visti dall’opposizione populista come una debolezza ma anche come
una minaccia.
Certo che se il piano di Macri -con il supporto del
Fondo Monetario Internazionale- avesse successo, poterebbe portarlo senza sosta
alla rielezione nel 2019.
Altrimenti tutto può finire come “L’ora legale”.
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