Recensione di Giorgio Garrappa
Vabbene...eccola qua.
Dal titolo di un libro si può già sapere una grande parte del suo contenuto.
Esso serve a individuare o definire ciò che ne
troveremo all’interno.
Ombra = Assenza di luce = Senza luce.
Persone e oggetti si fanno visibili all’occhio
umano solo se c’è una fonte di luce diretta su di loro. Non meno certo è che
oggetti e persone –sotto la luce- ci hanno un’ombra propria e un’ombra portata o
proiettata su altri superfici, oggetti o piani vicini.
La metafora è ovvia.
Dal disegno della copertina insomma, appare la sintesi...
Le croci in fila sulla destra simboleggiano la
cancellazione...
L’oblio.
Tutto ciò senza aver ancora letto una sola riga del libro “OMBRE”.
Ho sostenuto da sempre e sono convinto che in ogni avvenimento dell’intera umanità c’è sempre stato un italiano presente.
Quindi non mi stupisce di molto l’obbiettivo
perseguitato da questo libro.
Forse il tema dell’illustrazione dei 43 dimenticati
mi ha incuriosito di un po.
Andiamo al dunque.
Possiamo definire il genere del libro come biografico?
Penso di si.
La struttura è semplice?
Decisamente si.
Raggruppa ogni personaggio per mestiere o attività.
Poeti-Artisti-Eroi-Santi-Pensatori-Scienziati-Navigatori-Transmigratori-Inventori-Musicisti-Avventurieri-Simboli
dell’emancipazione-Progettisti e...Fuori
sacco...!! Molto pratico.
Perché lo si può leggere dall’inizio alla fine,
come al solito.
Or bene a seconda dello stato d’animo del
lettore...
Oppure dal personaggio che attragga di più
l’attenzione.
Non ci vuole nemmeno un segnalibro.
Io ho iniziato dagli artisti e, inseguito, dai transmigratori.
Gli architetti Meano e Tamburini hanno subito catturato la mia attenzione.
Due i miei colleghi.
Poi ovviamente ho letto tutto il resto con
l’avidità dell’architetto...
Nonché del professore universitario.
I lettori ne troveranno il lato B di ogni
personaggio scritto in modo scintillante. Frizzante, come fosse un romanzo.
Un linguaggio amabile senza rinunciare mai alla
precisione dei dati.
Benché sia di parte...perché conosco gli autori, ciò nonostante manco m’impedirebbe scrivere questa recensione critica tale e come mi viene in mente.
Dalla storia dell’arte e l’architettura, che ho insegnato parecchio all’università, conosco più o meno bene gli architetti Tamburini e Meano.
Sull’architetto Vittorio Meano –erede di Francesco Tamburini- gli autori avevano già scritto “C’era una volta un italiano in
Argentina”.
L’architetto del Congresso Nazionale e il Teatro
Colon di Buenos Aires ufficialmente era stato ucciso per questioni de corna per
mano dell’amante della moglie.
Però...c’è sempre un però...!
Risulta che grattando e pulendo un po la superficie
viene fuori un’altra possibilità.
L’altra possibilità.
Soldi. Corruzione. Potere. Politica.
Fregature in somma...
L’aggiustamento dei conti è una interessante
ipotesi.
Riguardo all’architetto Francesco Tamburini –mentore di Meano- viene fuori dalla ricerca profonda degli autori, che quel marchigiano non solo si godeva dei benefici del potere dell’epoca per la vicinanza a Roca o Juarez Celman ma anche per la sua appartenenza alla loro stessa loggia massonica.
A differenza di Meano lui mori di un infarto dovuto alla brutta situazione economica del
Paese, dissoluzione sociale, disoccupazione e scioperi a cui si vide sommerso
senza poter reagire.
Gli amici potenti, che lo avevano inserito nel giro
del potere politico e i paradigmatici lavori pubblici, lo Abbandonavano
inesorabilmente al suo destino.
Vedere Buenos Aires e dopo morire...
Poi andai a leggere sui musicisti per provenire di una famiglia di musicisti.
Il divertentissimo racconto sul maestro Luigi Mancinelli e la sua vicenda vissuta durante la inaugurazione del
Teatro Colon con l’opera Aida di Verdi è, secondo me, il fiore all’occhiello.
Quella circostanza buffonesca in cui Mancinelli deve subentrare Emilio Usiglio
è a dire poco monumentale...!!
Un direttore ubriaco che tra flatulenze, meteorismi e altro sgradevole, non in grado di reggersi in piedi, deve essere sostituito dal giovane maestro Mancinelli per portare avanti la fastosa inaugurazione programmata...e con grande successo...!!
Immaginatevi quel retroscena...!!
E che dire su Giuseppe Pettine? Incredibile storia quella del mandolinista quasi autodidatta emigrato negli Stati Uniti, che fece conoscere agli americani quello strumento partenopeo, per loro del tutto sconosciuto.
Ho pure scoperto con grande sorpresa che il disegnatore progettista della Nave Ammiraglia della Marina Militare Italiana: il veliero Amerigo Vespucci, fu un mio corregionale pugliese –di Foggia- Francesco Rotundi.
A questo punto le ombre si sono già dissipate.
La luce ormai illumina la vita trascurata di questi
43 italiani proprio dal momento in cui “Ombre” vide la luce.
Paradossalmente “Ombre”, di Claudio e Paolo, è
quella superba fonte di luce su questi 43 italiani –uomini e donne- pressoché sconosciuti.
Forse esistano altrettanti italiani dimenticati sia in Italia che all’estero.
Glielo faro sapere agli autori finché possano
inserirli nel prossimo libro “Ombre 2” che sicuramente vedrà la luce ben
presto.
Mi auguro per questo libro un grande successo e mi farà molto piacere che cosi sia perché Paolo e Claudio glielo meritano senza nessun dubbio.
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