Di Giorgio Garrappa
Cesare Battisti liberato dal Tribunale Supremo Brasiliano. Il terrorista rosso ha ottenuto il permesso di soggiorno che gli consente di viaggiare, anche all’estero (a destra Alberto Torregiani, figlio del gioielliere ucciso).
Il Brasile non ha finalmente concesso l'estradizione di Cesare Battisti come richiesto dall’Italia.
Il presidente Lula, nell’ultimo giorno del suo mandato, aveva già deciso non consegnare l'ex terrorista, detenuto in Brasile dal 2007 e condannato all'ergastolo - in Italia - per quattro omicidi commessi quando, negli anni '70, era leader dei Proletari Armati per il Comunismo (PAC).
La presa di posizione, annunciata dall’ex-presidente Luiz Inácio Lula da Silva, scatenava immediate reazioni e apriva un caso diplomatico che può finire davanti il Tribunale Internazionale dell’Aia.
"La decisione del presidente Lula – si lamentava Giorgio Napolitano - ha suscitato in me profonda delusione, amarezza e contrarietà. Gli avevo scritto nel gennaio 2009, illustrandogli ampiamente le circostanze di fatto, e gli argomenti giuridici e politici, che chiaramente militavano per la concessione dell'estradizione di Cesare Battisti; gli riproposi tutti i termini della questione incontrandolo a L'Aquila in occasione del G8 e ricavai da quell'incontro motivi di fiducia nella comprensione, da parte brasiliana, delle ragioni dell'Italia". "A maggior ragione – proseguiva il capo dello Stato - mi appare incomprensibile la decisione, le cui motivazioni appaiono tanto infondate quanto insensibili alle garanzie dell'ordinamento giuridico e alla tradizione democratica del nostro paese". "Non mi resta che confidare in una seria considerazione, nelle competenti sedi brasiliane, delle nuove istanze che saranno prodotte dalle autorità italiane; e rivolgere un pensiero addolorato alle vittime dei crimini di Battisti - finiva il presidente - come di tutte le vittime del terrorismo".
Il rimprovero dal Brasile, al nostro Presidente, non si faceva aspettare. Secondo la nota ufficiale, letta dal ministro Amorim, il governo brasiliano considerava "impertinente in particolare nel riferimento personale a Lula" nella nota -diffusa dal Governo italiano intorno al caso Battisti- che definiva il no all'estradizione inaccettabile e sosteneva che il presidente brasiliano avrebbe dovuto spiegarlo a tutti gli italiani, parenti delle vittime compresi.
Lula, di persona, si pronunciava dopo aver esaminato il rapporto dell'avvocatura generale. Si attendeva che comunicasse direttamente con il presidente del Consiglio o chiamasse al Quirinale, invece Amorim, diceva che Lula non si metterebbe in contatto con nessuna autorità italiana. Contemporaneamente affermava che le decisioni di Brasilia su Battisti non dovrebbero disturbare i lunghi rapporti con l'Italia.
Brasilia andava oltre spiegando, inoltre, che Battisti non resterebbe nel paese da rifugiato, ma di "semplice" immigrato e che, la data della sua scarcerazione, dipendeva dalle scelte del Supremo Tribunale Federale.
Brasilia si "stupiva" della reazione italiana. Sempre secondo la nota del governo brasiliano, la decisione di Lula non rappresentava un affronto verso un altro Paese "nel momento in cui si creano situazioni particolari che possono generare rischi per la persona, nonostante il carattere democratico dei due Stati". Si trattava invece di una "decisione sovrana sulla base del trattato, del 1989, tra Italia e Brasile".
Il Brasile non ha finalmente concesso l'estradizione di Cesare Battisti come richiesto dall’Italia.
Il presidente Lula, nell’ultimo giorno del suo mandato, aveva già deciso non consegnare l'ex terrorista, detenuto in Brasile dal 2007 e condannato all'ergastolo - in Italia - per quattro omicidi commessi quando, negli anni '70, era leader dei Proletari Armati per il Comunismo (PAC).
La presa di posizione, annunciata dall’ex-presidente Luiz Inácio Lula da Silva, scatenava immediate reazioni e apriva un caso diplomatico che può finire davanti il Tribunale Internazionale dell’Aia.
"La decisione del presidente Lula – si lamentava Giorgio Napolitano - ha suscitato in me profonda delusione, amarezza e contrarietà. Gli avevo scritto nel gennaio 2009, illustrandogli ampiamente le circostanze di fatto, e gli argomenti giuridici e politici, che chiaramente militavano per la concessione dell'estradizione di Cesare Battisti; gli riproposi tutti i termini della questione incontrandolo a L'Aquila in occasione del G8 e ricavai da quell'incontro motivi di fiducia nella comprensione, da parte brasiliana, delle ragioni dell'Italia". "A maggior ragione – proseguiva il capo dello Stato - mi appare incomprensibile la decisione, le cui motivazioni appaiono tanto infondate quanto insensibili alle garanzie dell'ordinamento giuridico e alla tradizione democratica del nostro paese". "Non mi resta che confidare in una seria considerazione, nelle competenti sedi brasiliane, delle nuove istanze che saranno prodotte dalle autorità italiane; e rivolgere un pensiero addolorato alle vittime dei crimini di Battisti - finiva il presidente - come di tutte le vittime del terrorismo".
Il rimprovero dal Brasile, al nostro Presidente, non si faceva aspettare. Secondo la nota ufficiale, letta dal ministro Amorim, il governo brasiliano considerava "impertinente in particolare nel riferimento personale a Lula" nella nota -diffusa dal Governo italiano intorno al caso Battisti- che definiva il no all'estradizione inaccettabile e sosteneva che il presidente brasiliano avrebbe dovuto spiegarlo a tutti gli italiani, parenti delle vittime compresi.
Lula, di persona, si pronunciava dopo aver esaminato il rapporto dell'avvocatura generale. Si attendeva che comunicasse direttamente con il presidente del Consiglio o chiamasse al Quirinale, invece Amorim, diceva che Lula non si metterebbe in contatto con nessuna autorità italiana. Contemporaneamente affermava che le decisioni di Brasilia su Battisti non dovrebbero disturbare i lunghi rapporti con l'Italia.
Brasilia andava oltre spiegando, inoltre, che Battisti non resterebbe nel paese da rifugiato, ma di "semplice" immigrato e che, la data della sua scarcerazione, dipendeva dalle scelte del Supremo Tribunale Federale.
Brasilia si "stupiva" della reazione italiana. Sempre secondo la nota del governo brasiliano, la decisione di Lula non rappresentava un affronto verso un altro Paese "nel momento in cui si creano situazioni particolari che possono generare rischi per la persona, nonostante il carattere democratico dei due Stati". Si trattava invece di una "decisione sovrana sulla base del trattato, del 1989, tra Italia e Brasile".
Com'era prevedibile, la risposta di Roma non tardava e Silvio Berlusconi esprimeva il suo rammarico per la decisione di Lula, assicurava pero che la vicenda non chiudeva proprio li. La Farnesina si apprestava a richiamare l'ambasciatore italiano in Brasile, Gherardo La Francesca, per consultazioni. Frattini giudicava inaccettabili le motivazioni ed esprimeva sconcerto per la decisione "insolita rispetto alla stessa prassi istituzionale brasiliana, che contraddice i principi fondamentali del diritto e offende i familiari e la memoria delle vittime dei gravissimi atti di violenza commessi da Cesare Battisti".
Il governo italiano, assicurava comunque, fare di tutto per ottenere dalla Corte Suprema del Brasile un esame della decisione del presidente Lula e muoversi subito anche sul nuovo presidente Dilma Rousseff.
Alberto Torregiani, figlio del gioielliere ucciso dai Pac e condannato a vita ad una sedia a rotelle, chiedeva di lasciare il fioretto e impugnare la spada, "perché se il rispetto delle regole porta a questo, d'ora in poi useremo il pugno di ferro".
Il governo italiano, assicurava comunque, fare di tutto per ottenere dalla Corte Suprema del Brasile un esame della decisione del presidente Lula e muoversi subito anche sul nuovo presidente Dilma Rousseff.
Alberto Torregiani, figlio del gioielliere ucciso dai Pac e condannato a vita ad una sedia a rotelle, chiedeva di lasciare il fioretto e impugnare la spada, "perché se il rispetto delle regole porta a questo, d'ora in poi useremo il pugno di ferro".
Nel giugno 2011, Cesare Battisti è stato liberato dal Tribunale Supremo Brasiliano. Ora il terrorista rosso ha ottenuto il permesso di soggiorno che gli consente di viaggiare, anche all’estero. La concessione del documento è stata annunciata dal Consiglio Nazionale dell’Immigrazione.
Per lui inizia così una nuova vita, da uomo completamente libero. L’unica differenza, rispetto a un comune cittadino brasiliano, è che non ha il diritto al voto e all’eleggibilità.
A votare a favore sono stati in 14 voti, 2 i contrari, 1 astenuto e 3 assenti. La decisione è stata giunta dopo un dibattito durato più di tre ore.
Questa notizia scatenava nuove reazioni in Italia persino a proporre di valutare se l’Italia doveva davvero partecipare ai Mondiali militari di atletica di Rio de Janeiro e cose del genere.
Intanto, la reazione dello stesso Battisti era stata accolta «molto positivamente». Il terrorista poteva vivere e spostarsi liberamente nel Paese latinoamericano, e anche recarsi all’estero se lo volesse. Incredibile, ma vero.
Che cosa nasconde questa presa de posizione del Brasile riguardo al superlatitante di Sermoneta?
Una visione parziale, contorta, sui diritti umani? Sono meno assassini quelli che ammazzano civili e militari di quegli altri che lo fanno in divisa?
E’ diverso o meno profondo il dolore provato dalla famiglia del gioielliere Torregiani, ucciso dai Pac? Pare di si.
Il Brasile, governato dal PT (Partido dos Trabalhadores), fa parte dello schieramento dei Paesi sudamericani che considerano questi assassini “giovani idealisti” o come la Francia, prodotti dello ”spontaneismo armato”? Pare di si.
Al di la della reazione suscitata in Italia, sulla decisione brasiliana, bisogna analizzarla alla luce delle politiche sui diritti umani portata avanti da governi che, negli ultimi anni, hanno coinvolto pericolosamente la giustizia nei suoi piani politici.
La decisione brasiliana avrà strappato sicuramente più di un sorriso dal Venezuela, l’Ecuador, Bolivia e anche dall’Argentina.
Ecco perche io non avrei dovuto parlare sulla decisione del Brasile, ma della politica dei diritti umani nella Repubblica Argentina.
Infatti, in questi giorni le organizzazioni dei Diritti Umani (Madri, Nonne e Figli degli scomparsi) si videro coinvolte sia dalla truffa scandalosa dell’ex convitto di parricidio, Schocklender (finora avvocato delle Madri), sia dalla persecuzione, subita dai figli del capo del Giornale “Clarin”, Ernestina Herrera de Noble, per la mancata presunzione di essere figli di scomparsi. I controlli del DNA risultarono negativi.
E’ comunque vero che, da certi uffici del governo e del parlamento argentino, qualcuno festeggia piacevolmente la beffa cui è stata sottomessa l’Italia.
Certo che avranno tirato il fiato molti ex-terroristi come quelli dell’ERP (Esercito Rivoluzionario del Popolo) che uccisero il Maggior Larrabure e sua figliola, il 19 agosto 1975, durante il Governo costituzionale e democratico di Maria Estela Martinez, vedova di Peron.
Sara per quello che la decisione del Brasile non da retta a chi vuole considerare questi crimini di “Lesa umanità”, pari ai reati commessi dai militari del Processo di Riorganizzazione Nazionale.
Infine, quale potrebbe essere la differenza tra l’assassinio di un militare o di un terrorista pero? Non sono persone entrambe due? Dal concetto dei diritti umani, lo dico. Pare di no.
Un’altra cosa d’analizzare sarebbe quella dicotomia tra quello che si dice sull’intervento straniero nella vita degli stati indipendenti e quello che si fa.
Per che sono cattivi gli Stati Uniti di America per il suo intervento in Afganistan, Iraq ed altri posti e sono bravi gli Stati Uniti del Brasile negando l’estradizione di un criminale condannato all’ergastolo dalla giustizia di un paese democratico come l’Italia?
Purtroppo, tra le vittime e l’assassino, un organo della Giustizia ha scelto l’assassino, ormai diventato “vittima”.
Da riflettere.
Per lui inizia così una nuova vita, da uomo completamente libero. L’unica differenza, rispetto a un comune cittadino brasiliano, è che non ha il diritto al voto e all’eleggibilità.
A votare a favore sono stati in 14 voti, 2 i contrari, 1 astenuto e 3 assenti. La decisione è stata giunta dopo un dibattito durato più di tre ore.
Questa notizia scatenava nuove reazioni in Italia persino a proporre di valutare se l’Italia doveva davvero partecipare ai Mondiali militari di atletica di Rio de Janeiro e cose del genere.
Intanto, la reazione dello stesso Battisti era stata accolta «molto positivamente». Il terrorista poteva vivere e spostarsi liberamente nel Paese latinoamericano, e anche recarsi all’estero se lo volesse. Incredibile, ma vero.
Che cosa nasconde questa presa de posizione del Brasile riguardo al superlatitante di Sermoneta?
Una visione parziale, contorta, sui diritti umani? Sono meno assassini quelli che ammazzano civili e militari di quegli altri che lo fanno in divisa?
E’ diverso o meno profondo il dolore provato dalla famiglia del gioielliere Torregiani, ucciso dai Pac? Pare di si.
Il Brasile, governato dal PT (Partido dos Trabalhadores), fa parte dello schieramento dei Paesi sudamericani che considerano questi assassini “giovani idealisti” o come la Francia, prodotti dello ”spontaneismo armato”? Pare di si.
Al di la della reazione suscitata in Italia, sulla decisione brasiliana, bisogna analizzarla alla luce delle politiche sui diritti umani portata avanti da governi che, negli ultimi anni, hanno coinvolto pericolosamente la giustizia nei suoi piani politici.
La decisione brasiliana avrà strappato sicuramente più di un sorriso dal Venezuela, l’Ecuador, Bolivia e anche dall’Argentina.
Ecco perche io non avrei dovuto parlare sulla decisione del Brasile, ma della politica dei diritti umani nella Repubblica Argentina.
Infatti, in questi giorni le organizzazioni dei Diritti Umani (Madri, Nonne e Figli degli scomparsi) si videro coinvolte sia dalla truffa scandalosa dell’ex convitto di parricidio, Schocklender (finora avvocato delle Madri), sia dalla persecuzione, subita dai figli del capo del Giornale “Clarin”, Ernestina Herrera de Noble, per la mancata presunzione di essere figli di scomparsi. I controlli del DNA risultarono negativi.
E’ comunque vero che, da certi uffici del governo e del parlamento argentino, qualcuno festeggia piacevolmente la beffa cui è stata sottomessa l’Italia.
Certo che avranno tirato il fiato molti ex-terroristi come quelli dell’ERP (Esercito Rivoluzionario del Popolo) che uccisero il Maggior Larrabure e sua figliola, il 19 agosto 1975, durante il Governo costituzionale e democratico di Maria Estela Martinez, vedova di Peron.
Sara per quello che la decisione del Brasile non da retta a chi vuole considerare questi crimini di “Lesa umanità”, pari ai reati commessi dai militari del Processo di Riorganizzazione Nazionale.
Infine, quale potrebbe essere la differenza tra l’assassinio di un militare o di un terrorista pero? Non sono persone entrambe due? Dal concetto dei diritti umani, lo dico. Pare di no.
Un’altra cosa d’analizzare sarebbe quella dicotomia tra quello che si dice sull’intervento straniero nella vita degli stati indipendenti e quello che si fa.
Per che sono cattivi gli Stati Uniti di America per il suo intervento in Afganistan, Iraq ed altri posti e sono bravi gli Stati Uniti del Brasile negando l’estradizione di un criminale condannato all’ergastolo dalla giustizia di un paese democratico come l’Italia?
Purtroppo, tra le vittime e l’assassino, un organo della Giustizia ha scelto l’assassino, ormai diventato “vittima”.
Da riflettere.
No hay comentarios.:
Publicar un comentario