"Escribid con amor, con corazón, lo que os alcance, lo que os antoje. Que eso será bueno en el fondo, aunque la forma sea incorrecta; será apasionado, aunque a veces sea inexacto; agradará al lector, aunque rabie Garcilaso; no se parecerá a lo de nadie; pero; bueno o malo, será vuestro, nadie os lo disputará; entonces habrá prosa, habrá poesía, habrá defectos, habrá belleza." DOMINGO F. SARMIENTO



viernes, 19 de marzo de 2010

ANCHE CORDOBA DEVE MOLTO ALLA COLLETTIVITA LOMBARDA

Gli anni trascorsi tra il 1876 e il 1914, sono stati quelli del più grande afflusso di emigrati in Argentina e anche del reddito più elevato degli italiani.
Infatti, 1.787.000 erano arrivati dalla penisola. Di questi, l’11,5% proveniva dalla Lombardia così, gli emigrati provenienti da quella regione erano, numericamente parlando, al terzo posto, dopo il Piemonte e la Calabria, che rappresentavano il 18% e il 12,6% di tutti gli italiani, rispettivamente.
Chiaramente, i flussi migratori più grandi, venuti dalla Lombardia, hanno avuto luogo tra i periodi 1886-1890 e 1906-1910, durante gli anni d'oro dell'economia argentina.
Purtroppo, non abbiamo informazioni precise per determinare in che modo questo gruppo di migranti lombardi è distribuito tra le province argentine in generale e, in Córdoba, in particolare, dice Isabel Manachino de Pérez Roldán.
Comunque, con i dati raccolti, cercheremo di analizzare perche i lombardi si erano stabiliti pure nel cordobese oltre che ad altre parti del Paese.
La Regione Lombardia si trova nel nord d'Italia, tra il Piemonte, le Alpi e il Veneto. Essa comprende le province di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Mantova, Milano, Pavia, Sondrio e Varese. I suoi fiumi principali sono il Po, Ticino, Adda, Oglio e Mincio, mentre i suoi laghi più grandi sono il Lago Maggiore, Lugano, Como e Garda.
Per la sua situazione nella valle del Po, la Lombardia è la regione più popolata e più ricca d'Italia, privilegio già avuto fin dal secolo scorso. Il suo capoluogo è Milano che nel 1881 superava di lunga i 300.000 abitanti.
Anni dopo, nel 1901, Milano assieme Torino e Genova, conformava il "triangolo" industriale della penisola, e la popolazione sarebbe ancora superiore a tale cifra (De Rosa 1988).
Gli immigranti lombardi arrivati a Córdoba, avevano trovato una piccola città in confronto con le principali città europee in generale e Milano in particolare.
Infatti, il capoluogo mediterraneo nel 1869 aveva 34.458 abitanti, questo numero sarebbe aumentato a 54.763 nel 1895 (48.599 argentini e 6.164 stranieri) e 92.776 nel 1906 (80.022 argentini e 12.754 stranieri).
Avevano pure trovato una geografia che rassomigliava abbastanza quella della Lombardia. Colline, fiumi, fiumiciattoli, vallate e laghi circondavano la città, anzi, dilagavano dappertutto sul territorio mediterraneo. Un’extragrande differenza con il paesaggio infinitamente orizzontale della pianura pampeana di Buenos Aires e Santa Fe.
Forse questo faceva si che, agli appena arrivati in questo territorio, gli mancasse un po' meno la loro amata terra natia, ormai lontana e pressoché imprendibile.
Infatti, la principale ondata migratoria cercava radicarsi in campagna, ciò perche la maggioranza proveniva dalle zone montagnose e dai paesi vicini alle Alpi e agli Appennini (De Rosa - 1988 eppure Barbiero - 1988).
Bisogna dire a questo punto che le differenze culturali di Córdoba nei confronti delle province di Santa Fe e Buenos Aires, ci vuole trovarle rivolgendoci alla colonizzazione delle entrambe due regioni.
Mentre Buenos Aires e Santa Fe erano state fondate dall’ondata colonizzatrice del Rio de la Plata (Pedro de Mendoza e Juan de Garay); Cordoba era già stata fondata da Geronimo Luis de Cabrera, proveniente dal nordovest, cioè dall’Alto Peru.
In Regione Pampeana niente oro o pietre preziose, solo la terra fertile, i grandi porti fluviali e opportunità di negozi.
Al nord della Regione di “Córdoba del Tucumán” invece, gli spagnoli trovavano ricchezze ancora da esplorare e, assieme i gesuiti, fondavano la prima Università del Vicereame. Da quel momento Córdoba sarà più conosciuta come la Città “Dotta”.
Studi come “Italo - argentini, una diaspora” di Anna Maria Minutilli e “Lombardos en Argentina” di José Oscar Frigerio, coincidono che sia possibile tracciare una suddivisione cronologica di quattro periodi dell’emigrazione lombarda in Argentina: 1519-1819 (epoca coloniale), 1820-1861 (patrioti esuli), 1862- 1914 (professionali: imprenditori, commercianti, scienziati, umanisti, artisti, giornalisti), 1920-1960 (dopoguerra).
L’annuario statistico dell’emigrazione italiana calcolava che fino al 1926 fossero emigrati 222.951 Lombardi in terra argentina: erano principalmente agricoltori, che si distinsero spesso per i buoni risultati ottenuti e che contribuirono a portare in quegli anni l’Argentina al terzo posto come esportatore mondiale di grano.
Benché la maggioranza dei lombardi fossero benestanti e molti loro arrivavano in Prima Classe, sono anche numerose le storie dei Lombardi che giunsero in Argentina senza un soldo e riuscirono a costruirsi una carriera nel commercio e nell’industria.
Scrisse lo storico Niccolò Cuneo che “poiché i promotori e i conduttori di questo nuovo tipo di società sono quasi tutti milanesi, l’industria argentina conserverà per buon tratto di tempo l’impronta genuina dell’impresa lombarda”.
I dati riportati da Eugenia Scarzanella confermano che la borghesia industriale rio-platense tra la fine del ’800 e l’inizio del ’900 evidenziava una rilevante presenza lombarda: circa un terzo degli imprenditori italiani apparteneva a questa regione e, tra le varie province lombarde, “quella più feconda di spirito imprenditoriale sembra essere quella di Como”.
Non meno importante è ricordare i grandi sacrifici della mano d’opera lombarda in Argentina, che contribuì, al pari degli altri Italiani, a costruirne la rete infrastrutturale: vie, strade, ferrovie, ponti, canali, ecc.
Per tutelarsi, i nostri lavoratori crearono un po’ ovunque società di mutuo soccorso; nella prima di queste, creata a Buenos Aires nel 1858, ben quattro dei sette soci fondatori erano lombardi.
Al maggio 2006, i cittadini lombardi residenti in Argentina erano 26.360, e quella dell’Argentina era la seconda comunità lombarda più numerosa all’estero, con l’11 % del totale.

COSA HANNO FATTO I LOMBARDI A CORDOBA?
"Un centro di cultura, progresso e studi. La prima scuola, la prima università, importanti e numerose istituzioni religiose, gli scambi dei depositi, le prime prove di aziende agricole erano state iniziate prima che in altre parti ...". Così descrisse un viaggiatore italiano dei primi anni del ventesimo secolo alla città di Córdoba (Franceschini - 1903). In questo contesto, gli emigrati lombardi cominciarono a lavorare principalmente nel settore commerciale e industriale.
Come ci racconta bene la licenziata Isabel Manachino de Pérez Roldán nella sua investigazione, gli italiani che sono stati dedicati al commercio in generale, negozi piccoli, serviti da loro stessi o da qualsiasi membro delle loro famiglie. Questi negozi, in particolare i magazzini hanno aperto le porte con un modesto capitale e, di conseguenza, c'era in loro una vasta gamma di prodotti, ma semplicemente di base per soddisfare le esigenze del proprio quartiere.
Invece i grandi negozi si sono formati dall’unione di due o più famiglie di origine italiana. Anche se generalmente a carico dei loro proprietari, le aziende erano pure gestite dai lavoratori dipendenti dove il numero variava secondo l'importanza della ditta. Inoltre, erano rilevanti i capitali investiti. Le principali industrie sono state sfruttate dalle case italiane d’importazione di prodotti alimentari ed altri, le commissioni e delegazioni commerciali, il grano e la farina all'ingrosso, farmacie, alberghi, negozi di gioielli, liquori o fabbriche di pasta, per dire alcuni.
Sono molti i lombardi che hanno fatto un nome importante a Córdoba. Ci sono, per esempio, quelli che hanno creato alberghi come Angelo Riva (nato a Brebbia, provincia di Varese) e Giovanni Comolli (nato a Como ed ex combattente di Garibaldi).
Pasquale Galli (di Gerenzano, Varese) è stato uno degli uomini più ricchi della “Dotta”, con la sua fabbrica di farina e cereali.
Un altro imprenditore di successo fu Giovanni Camporini che arriva a Córdoba in 1887 per aprire un’importante segheria.
La produzione di liquori fu un altro campo in cui hanno prosperato e si distinsero i lombardi. I fratelli Vincenzo, Cesare e Camillo Callerio (nati a Garlasco, provincia di Pavia) sono stati i precursori di questa industria. Portavano lo zucchero e l’alcool da Tucumán, dalla regione Cuyo (provincie di Mendoza, San Juan, La Rioja e San Luis) arrivava il vino per fare il vermouth e poi esportavano i prodotti ad altre provincie dell’Argentina.
In 1920, i fratelli Antonio e Vincenzo Porta (lombardi pure loro) hanno comprato la fabbrica e la proprietà esclusiva di tutti i marchi che ce n'erano per la manifattura di liquori. Oggi, l’impresa Porta e fratelli è forse una delle più importanti dell’Argentina, ha una diversificazione grandiosa (aceti, bevande, cosmetici e distilleria) ed esporta i suoi prodotti a ben otto Paesi.
Della storia e presente di quest’ultima famiglia ci occuperemo in dettaglio in un'altra puntata.

Jorge Luis Garrappa
Corrispondente Lombardo

AMERICA LATINA: IMPRENDITORI ITALIANI NEL MIRINO?

La notizia di “La Voce”, che arriva da Caracas (Venezuela), informa che è stato rapito l’imprenditore laziale Atino Pacifici che si trovava nello stato di Zulia. Pacifici, che è titolare di un'azienda che lavora con la holding petrolifera statale Pdvsa, è stato prelevato da tre uomini armati ad una stazione di servizio proprio quando si disponeva a fare il rifornimento di benzina.
Una fonte dell’ambasciata italiana nel Venezuela ha confermato il sequestro e ha riferito sull’avvenimento che l’imprenditore era fermo in una stazione di servizio quando tre uomini armati l’hanno prelevato.
Da Montevideo (Uruguai), le notizie sono ancora più brutte di quelle venezuelane.
Il corpo dell’imprenditore italiano Pasquale Ferrizo è stato ritrovato senza vita dalla polizia uruguayana. L’uomo ucciso era stato sequestrato cinque giorni prima da due poliziotti e un civile che sono stati rintracciati ed arrestati a seguito della confessione dell’omicidio.
Le cronache parlano dell’omicidio a sole 74 ore dal sequestro e di due richieste di riscatto, prima di 30.000 e poi di 300.000 dollari. Lo sciagurato imprenditore italiano era proprietario di una falegnameria e di una rivendita di macchine agricole.
Forse sia una brutta coincidenza pero, bisogna stare attenti. Pare che gli imprenditori italiani, che risiedono in Latino America, stiano ormai in bilico per questi ultimi rapimenti.