"Escribid con amor, con corazón, lo que os alcance, lo que os antoje. Que eso será bueno en el fondo, aunque la forma sea incorrecta; será apasionado, aunque a veces sea inexacto; agradará al lector, aunque rabie Garcilaso; no se parecerá a lo de nadie; pero; bueno o malo, será vuestro, nadie os lo disputará; entonces habrá prosa, habrá poesía, habrá defectos, habrá belleza." DOMINGO F. SARMIENTO



miércoles, 22 de marzo de 2023

OMBRE

Recensione di Giorgio Garrappa


Benchè non sono un critico letterario, gli autori mi hanno costretto, ancora una volta, a scrivere una recensione. In questa occasione sul loro nuovo libro: OMBRE.

Vabbene...eccola qua.

Dal titolo di un libro si può già sapere una grande parte del suo contenuto.

Esso serve a individuare o definire ciò che ne troveremo all’interno.

Ombra = Assenza di luce = Senza luce.

Persone e oggetti si fanno visibili all’occhio umano solo se c’è una fonte di luce diretta su di loro. Non meno certo è che oggetti e persone –sotto la luce- ci hanno un’ombra propria e un’ombra portata o proiettata su altri superfici, oggetti o piani vicini.

La metafora è ovvia.

Dal disegno della copertina insomma, appare la sintesi...

Le croci in fila sulla destra simboleggiano la cancellazione...

L’oblio.

Tutto ciò senza aver ancora letto una sola riga del libro “OMBRE”.

Ho sostenuto da sempre e sono convinto che in ogni avvenimento dell’intera umanità c’è sempre stato un italiano presente.

Quindi non mi stupisce di molto l’obbiettivo perseguitato da questo libro.

Forse il tema dell’illustrazione dei 43 dimenticati mi ha incuriosito di un po.

Andiamo al dunque.

Possiamo definire il genere del libro come biografico?

Penso di si.

La struttura è semplice?

Decisamente si.

Raggruppa ogni personaggio per mestiere o attività.

Poeti-Artisti-Eroi-Santi-Pensatori-Scienziati-Navigatori-Transmigratori-Inventori-Musicisti-Avventurieri-Simboli dell’emancipazione-Progettisti e...Fuori sacco...!! Molto pratico.

Perché lo si può leggere dall’inizio alla fine, come al solito.

Or bene a seconda dello stato d’animo del lettore...

Oppure dal personaggio che attragga di più l’attenzione.

Non ci vuole nemmeno un segnalibro.

Io ho iniziato dagli artisti e, inseguito, dai transmigratori.

Gli architetti Meano e Tamburini hanno subito catturato la mia attenzione.

Due i miei colleghi.

Poi ovviamente ho letto tutto il resto con l’avidità dell’architetto...

Nonché del professore universitario.

I lettori ne troveranno il lato B di ogni personaggio scritto in modo scintillante. Frizzante, come fosse un romanzo.

Un linguaggio amabile senza rinunciare mai alla precisione dei dati.

Benché sia di parte...perché conosco gli autori, ciò nonostante manco m’impedirebbe scrivere questa recensione critica tale e come mi viene in mente.

Dalla storia dell’arte e l’architettura, che ho insegnato parecchio all’università, conosco più o meno bene gli architetti Tamburini e Meano.

Sull’architetto Vittorio Meano –erede di Francesco Tamburini- gli autori avevano già scritto “C’era una volta un italiano in Argentina”.

L’architetto del Congresso Nazionale e il Teatro Colon di Buenos Aires ufficialmente era stato ucciso per questioni de corna per mano dell’amante della moglie.

Però...c’è sempre un però...!

Risulta che grattando e pulendo un po la superficie viene fuori un’altra possibilità.

L’altra possibilità.

Soldi. Corruzione. Potere. Politica.

Fregature in somma...

L’aggiustamento dei conti è una interessante ipotesi.

Riguardo all’architetto Francesco Tamburini –mentore di Meano- viene fuori dalla ricerca profonda degli autori, che quel marchigiano non solo si godeva dei benefici del potere dell’epoca per la vicinanza a Roca o Juarez Celman ma anche per la sua appartenenza alla loro stessa loggia massonica.

A differenza di Meano lui mori di un infarto dovuto alla brutta situazione economica del Paese, dissoluzione sociale, disoccupazione e scioperi a cui si vide sommerso senza poter reagire.

Gli amici potenti, che lo avevano inserito nel giro del potere politico e i paradigmatici lavori pubblici, lo Abbandonavano inesorabilmente al suo destino.

Vedere Buenos Aires e dopo morire...

Poi andai a leggere sui musicisti per provenire di una famiglia di musicisti.

Il divertentissimo racconto sul maestro Luigi Mancinelli e la sua vicenda vissuta durante la inaugurazione del Teatro Colon con l’opera Aida di Verdi è, secondo me, il fiore all’occhiello.

Quella circostanza buffonesca in cui Mancinelli deve subentrare Emilio Usiglio

è a dire poco monumentale...!!

Un direttore ubriaco che tra flatulenze, meteorismi e altro sgradevole, non in grado di reggersi in piedi, deve essere sostituito dal giovane maestro Mancinelli per portare avanti la fastosa inaugurazione programmata...e con grande successo...!!

Immaginatevi quel retroscena...!!

E che dire su Giuseppe Pettine? Incredibile storia quella del mandolinista quasi autodidatta emigrato negli Stati Uniti, che fece conoscere agli americani quello strumento partenopeo, per loro del tutto sconosciuto.

Ho pure scoperto con grande sorpresa che il disegnatore progettista della Nave Ammiraglia della Marina Militare Italiana: il veliero Amerigo Vespucci, fu un mio corregionale pugliese –di Foggia- Francesco Rotundi.

A questo punto le ombre si sono già dissipate.

La luce ormai illumina la vita trascurata di questi 43 italiani proprio dal momento in cui “Ombre” vide la luce.

Paradossalmente “Ombre”, di Claudio e Paolo, è quella superba fonte di luce su questi 43 italiani –uomini e donne- pressoché sconosciuti.

Forse esistano altrettanti italiani dimenticati sia in Italia che all’estero.

Glielo faro sapere agli autori finché possano inserirli nel prossimo libro “Ombre 2” che sicuramente vedrà la luce ben presto.

Mi auguro per questo libro un grande successo e mi farà molto piacere che cosi sia perché Paolo e Claudio glielo meritano senza nessun dubbio.

sábado, 11 de julio de 2020

MEMORIAS EN BRONCE


De Jorge Garrappa Albani

Dante Alighieri





EN EL SEXTO CENTENARIO
XIV – IX - MCMXXI
A DANTE ALIGHIERI
LA
COLLETTIVITA’ ITALIANA 
DI RAFAELA






El magnífico escritor de la obra literaria más famosa del mundo había nacido en Florencia, Italia, el 29 de mayo de 1265.  
Más conocido como Dante Alighieri o solo Dante, fue bautizado como Durante di Alighiero degli Alighieri.
Su padre fue Alighiero de Bellincione y su madre Bella degli Abati quien falleció cuando Dante tenía apenas seis años de edad. 
La Comedia de Dante consta de tres partes o cánticas (Infierno, Purgatorio y Paraíso), cada una de ellas está dividida a su vez en cantos, cada parte consta de treinta y tres cantos, más el canto introductorio suman 100 cantos en total. Cada canto fue compuesto por estrofas de tres versos endecasílabos o terza rima, que se dice él mismo inventó (tercetos).
Dante incursionó en la vida política en Florencia desde 1295. Participó con los güelfos contra los gibelinos. Fue embajador en San Gimignano, alto magistrado de Florencia y miembro del Consejo Especial del Pueblo y del Consejo de los Ciento. Sufrió el exilio tras ser acusado de oposición al papa, corrupción e improbidad administrativa.
Este genial poeta, reconocido en todo el planeta, también tendría su merecido homenaje en nuestra ciudad de Rafaela.
No solo llevaría su nombre la primera escuela bilingüe de la ciudad sino una de las calles que recorre de sur a Norte el tradicional Barrio San Martin entonces conocido como el “Barrio di Coi”, por los repollos que cultivaban los piemonteses en aquel lugar.
Una vez más, la gran colectividad italiana –representada por su institución madre, la Società Italiana di Mutuo Soccorso “Vittorio Emanuele II” fundada en 1890- se haría presente dejando para las generaciones venideras el recuerdo perenne de Dante.
Era entonces Intendente de la ciudad el mantovano Giovanni Fertonani, quien había asumido el 13 de julio de 1920 hasta el 27 de julio de 1922 y presidia la Società Italiana di Mutuo Soccorso “Vittorio Emanuele II”, el comasco nacido en Abbiate Guazzone, Tobia Colombo.
La “Vittorio Emanuele II” inauguraba aquel año los dos salones frontales que terminarían de configurar la actual fachada del edificio diseñado por Giuseppe Nidasio.
Cabe recordar que en ese año -1921- Leopoldo Lopez, Fernando Dentesano, Carlos Buffelli, Francisco Perez Torres y Rafael Actis, fundaban el diario La Opinion que, aun hoy aparece luego de 99 años.
La preciosa placa de bronce –que aún permanece fijada al muro del edificio de Bulevar Roca y Dante Alighieri- fue colocada el 14 de septiembre de 1921 al cumplirse 6 siglos de la muerte de Dante, acaecida en 1321, en Ravena (Italia).
El autor de la obra fundamental de la transición del pensamiento medieval al renacentista y cumbre de la literatura universal, representante del “Dolce stil nuovo”, dejo de existir luego de contraer la malaria a solo 56 años de edad.
No he podido saber con certeza donde fue realizada esa placa de bronce. Tal vez -aun a riesgo de equivocarme- pudo haber sido fundida en San Carlos Centro donde funciona la “Fonderia Bellini”, única fábrica artesanal de campanas de Latinoamérica desde 1892.
El 14 de septiembre de 2021, se cumplirán 700 años del paso a la inmortalidad de Dante Alighieri y 100 años de la colocacion de esa placa.
Coincidentemente con las celebraciones del año de Dante en Italia, sería bueno que la Escuela de Italiano que lleva su nombre, la Sociedad Italiana Vittorio Emanuele II y la colectividad italiana de Rafaela, colgaran una corona de laureles debajo de la centenaria placa de bronce.

viernes, 18 de octubre de 2019

LA HERMANA MENOR


Por Jorge Alberto Garrappa


En 2017 se cumplieron 20 años de la primera visita de rafaelinos a Fossano en el marco del “gemellaggio” entre ambas ciudades.
Por ello se programó un nuevo encuentro en la ciudad italiana para recordar aquel acontecimiento del que fuimos parte.
Una nueva delegación de rafaelinos estuvo presente junto a las autoridades de las otras dos ciudades hermanas europeas: Sigmaringendorf (Alemania) y Carcabuey (España).
Al Alcalde de Carcabuey, Juan Miguel Sanchez Cabezuelo, solo conocía de haberlo visto en los actos realizados en Rafaela cuando nos visitó encabezando el grupo de Carcabuey, en 2016.
En Fossano, en cambio, compartimos varias actividades y actos conjuntos. Durante el encuentro de despedida, Juanmi nos invitó a visitar Carcabuey en algún próximo viaje a España. Con mi esposa prometimos que así seria.
Este año programamos un viaje a España y Portugal. Especialmente anhelábamos conocer el sur de España, incluyendo una escapada a Carcabuey desde Córdoba o Granada.
La soleada mañana del 23 de septiembre de 2019, a bordo de un bus de la empresa “Autocares Carrera” -con trasbordo en el Hospital de Cabra- recorrimos los 95 kilómetros que separan Córdoba de Carcabuey.
El paisaje del corazón de Andalucía nos muestra las sierras de la Subbética geométricamente tapizadas de cuidados olivares y viñedos entre pueblos de blanca arquitectura y techos entejados.
Por allí pasaron y se afincaron sucesivamente, a lo largo de la historia, romanos, musulmanes y cristianos.
Por fin Carcabuey ante nuestros ojos. Dominado desde lo más alto por el castillo hispano-musulmán de Fuente Ubeda, construido en el siglo IX sobre las ruinas de la antigua fortaleza romana.
Descendimos del bus alrededor de media mañana y comenzamos a caminar en busca del Ayuntamiento.
Los primeros carcabulenses que encontramos, nos indicaron amablemente como llegar muy fácilmente al centro histórico.
Nos impresiona el orden, la limpieza y la tranquilidad de esas callecitas empedradas que empiezan a reverberar con el calor de la mañana otoñal.
El Ayuntamiento hace esquina justo frente a la plaza donde ya se empieza a notar la actividad creciente de un día lunes.
En la Planta Alta se encuentra la oficina del Alcalde y hacia allí fuimos. Nos recibió Lucia Sanchez, joven concejal del Ayuntamiento, quien nos puso inmediatamente en contacto con Juan Miguel.
Abrazos interminables entre italo-argentinos y españoles hermanados fuertemente por los lazos de la gran inmigración italo-española que encontró un lugar de residencia y desarrollo en Rafaela.
La emoción del reencuentro y el cumplimiento de nuestra promesa de dos años atrás en Italia, hacen una pausa en la mesa de la cafetería de Carmen Garcia Oteros, alcobense que visito Rafaela tres años atrás.
Allí se unieron al encuentro Miguel Sanchez Garrido -papa de Juanmi- y su tio Jose Luis Sanchez Garrido, convocados por el Alcalde para darnos la bienvenida.
Mercedes Castro Jurado, a cargo de la Oficina de Turismo del Ayuntamiento, fue la encargada de hacernos de “cicerone” en el city-tour improvisado exclusivamente para nosotros.
Junto a ella trepamos esas callecitas hasta la fortaleza y la Hermita de la Virgen del Castillo, edificada en el interior de sus murallas.
Desde ese fantástico “belvedere” se puede apreciar la belleza de la planta urbana de Carcabuey y el territorio circundante.
Mercedes nos transmite, con gran precisión y sublime gentileza, sus excelsos conocimientos sobre la historia y la cultura del lugar y los proyectos para frenar el preocupante proceso de despoblación que golpea a muchos pueblos de España, incluido Carcabuey.
Pudimos saber que el pueblo contaba con 6.000 habitantes en 1950 y se redujeron a 3.000 en 1981. Que de las 2.748 personas censados en 2008, quedaron 2.054 en 2018.
Claro, no solo España padece este triste fenómeno sino que varios países europeos lo sufren, entre ellos la Italia de nuestros familiares.
Los jóvenes buscan mejores posibilidades y oportunidades laborales en las metrópolis del propio país o bien en el extranjero. Sumado a esto, la población anciana va naturalmente decreciendo sin solución de continuidad.
Se pensaba que la culpa del desarraigo se debía a las precarias condiciones de vida y al gran número de componentes de las familias de nuestros abuelos. La planificación familiar de posguerra, que preveía uno o dos hijos por familia, tampoco pudo frenar el sangrado.
Este proceso continuo consecuentemente produce el vaciamiento y abandono de muchos edificios de vivienda mientras se busca detener el mecanismo.
En fin, disquisiciones para otro momento y que no deberían ser soslayadas en los acuerdos de hermanamiento.
Junto a Maria Teresa y Miguel -progenitores de Juanmi- compartimos un maravilloso almuerzo familiar en casa de abuela Emilia.
Finalmente dejamos Carcabuey con alegría y algo de melancolía por haber estado poco en ese lugar de ensueño de la Comunidad Autonoma de Andalucia.
Esa corta visita, sin embargo, fortaleció en nuestros corazones ese lazo de hermandad profunda que nos une más allá de la distancia y los orígenes.
Nuevamente en el bus de regreso hojeo el libro sobre la historia de Carcabuey y su gente que me regalase Juanmi con una hermosa dedicatoria.
Gracias Juan Miguel, gracias familia y hermanos carcabulenses por tanto afecto que nos dieron en tan poco tiempo.
Ahora sabeis que nuestra casa es tambien vuestra.
Hasta pronto.

martes, 5 de marzo de 2019

“NEGACIONISMO”: LA PATOLOGÍA QUE ENVENENA A LA ARGENTINA

De Jorge Garrappa Albani

En comportamiento humano, el negacionismo es exhibido por individuos o grupos de individuos que eligen negar la realidad para evadir una verdad incómoda. ​
Según Paul O'Shea: "es el rechazo a aceptar una realidad empiricamente verificable. Es, en esencia, un acto irracional que retiene la validación de una experiencia o evidencia históricas".​
Por su parte, Michael Specter define el negacionismo grupal cuando: "todo un segmento de la sociedad, a menudo luchando con el trauma del cambio, da la espalda a la realidad en favor de una mentira más confortable".
La ciencia, a su vez, lo ha definido como: el rechazo de conceptos básicos, aceptados y fuertemente apoyados por la evidencia que forman parte del consenso cientifico en tal área en favor de ideas que son radicales y controversiales.

Este comportamiento patológico, individual y social, lo padecen muchos argentinos que no pueden aceptar ni soportar los cambios libremente decididos por la mayoría.
A tal punto llega esta enfermedad que, ante la evidencia comprobada de actos de corrupción inaudita o de acciones flagrantemente condenables, deciden negar, inventar y esgrimir un relato artificial que justifique sus propios dichos y, al mismo tiempo, desprestigie al oponente de cualquier manera.
También este comportamiento “confortable” se ha extendido a descreer de todo y creer ver, subyacentemente, conspiraciones inexistentes.
De un lado y del otro se duda y se asegura que, tanto el empresario Yabrán como el ex presidente Kirchner, jamás murieron y se encuentran, vivitos y coleando, Dios sabe dónde.
A pesar de las investigaciones de la justicia y las pericias realizadas por más de un centenar de especialistas, de todas las partes involucradas, algunos siguen afirmando que Santiago Maldonado no se ahogó sino que fue asesinado por la Gendarmería Nacional del gobierno de Macri.
El 15 de noviembre de 2017, se perdía total contacto con el submarino ARA San Juan de la Marina Argentina.
Estados Unidos, GranBretaña, Francia, Alemania, Noruega, Italia, Brasil, Chile, Uruguay, 
Perú y Colombia sumaron inmediatamente sus buques y aviones al despliegue argentino de 14 embarcaciones militares, tres de Prefectura Naval y cinco aviones.
En total, del operativo de búsqueda y rescate (SAR), participaron 49 medios navales y aéreos durante varios meses sin pedir nada a cambio.
Cuando el tiempo y las esperanzas de encontrar con vida a la tripulación fueron nulas, las unidades extranjeras comenzaron a retornar a sus respectivos países. El último barco en partir fue el ruso Yantar, a principios de abril de 2018.
El Presidente Macri, a través del Ministerio de Defensa y la Armada, escuchando el clamor de los familiares de los submarinistas, contrato a la empresa Ocean Infinity, que se ofreció a buscar al submarino y cobrarle al Estado Argentino solo en caso de encontrar el buque.
A este punto, los negadores seriales afirmaban que el San Juan había sido torpedeado por submarinos ingleses o arrollado por un buque chino y, todo eso, era ocultado por el Gobierno de Macri.
Para transparentar la búsqueda, tanto de la nave de guerra como de la verdad sobre lo ocurrido, el Gobierno y la Armada embarcaron a familiares de los marinos del San Juan a bordo del buque Seaber Constructor.
El abogado Luis Tagliapietra, José Luis Castillo y Fernando Arjona formaron parte de la tripulación del buque a quienes se sumaron dos submarinistas y un oceanógrafo de la Armada Argentina, para supervisar las operaciones de búsqueda.
El 17 de noviembre de 2018, los equipos técnicos del Seaber Constructor detectaron al submarino hundido a 900 metros de profundidad.
Apenas se dio oficialmente la noticia, el negacionismo patológico comenzó a rebrotar en algunos sectores de la sociedad con las más descabelladas teorías del complot.
Decir que Macri sabía desde hace un año donde estaba el submarino es subestimar la inteligencia de una docena de países del mundo que habrían aceptado ser cómplices del ocultamiento pergeñado por el Gobierno argentino.
Con que fin lo harían? Porque habrían puesto su prestigio en juego? Que obtendrían por ello?
Sencillamente Patético.
Decir esto es también acusar de complicidad a los familiares embarcados en el Seaber Constructor que supervisaron la búsqueda del submarino hundido.
Estos sectores, al no poder aceptar la verdad incómoda e inesperada, desataron su locura y odio sin ningún tipo de miramiento.
Redoblaron la apuesta exigiendo al Gobierno reflotar la nave, que yace a 900 metros de profundidad, y a cualquier costo.
Aun desconociendo los códigos de la marina de guerra, aun dividiendo a los propios familiares. Nada importa con tal de “cargarle un muerto” al Presidente para derrocarlo antes de las próximas elecciones.
Triste, terrible y monstruoso a la vez.
Si Mauricio Macri tuviese el poder para lograr que, potencias del mundo como los Estados Unidos, Rusia, China, Reino Unido, etc., mantuviesen en secreto el hallazgo del submarino hasta ahora, Macri sería el hombre más poderoso de este planeta.
Toda esta conducta patética y ridícula no pasaría de esto sino fuera por la contaminación social que genera sin contar el interés económico que persiguen tras el slogan: “queremos que se haga justicia”.
Claro, esto siempre y cuando la justicia dictamine lo que los quieren escuchar y, si es posible, les asignen alguna cuota mensual pecuniaria aportada con el trabajo de todos los argentinos.
Los negacionistas patológicos, en materia de política internacional, critican a Macri por haber recurrido al FMI preventivamente mientras ellos lo hicieron sin que se les moviera un pelo en el pasado próximo.
Asimismo, hoy denuestan al gobierno por el G-20-18 que se realizó en Argentina, cuando aplaudieron la participación gubernamental en los G-20 desde 2008 hasta 2015.
Esta gente contaminada puede ver la violencia en Argentina pero nada decir sobre los miles de muertos de la dictadura venezolana.
Siempre con un relato artificial elaborado para cargar las culpas a otros y no a sus amigos o camaradas de ruta.
Muy lamentable, pues estas conductas solo obstaculizan el dialogo tan necesario entre los dirigentes de todas las instituciones del país.
Este es el factor principal que imposibilita la realización de un pacto nacional como aquel de la Moncloa que tanto predican los militantes del propio negacionismo.

viernes, 8 de febrero de 2019

MEMORIAS EN BRONCE

De Jorge Garrappa Albani

MANUEL BELGRANO


LA SOCIEDAD ITALIANA
VITTORIO EMANUELE II

ADHIRIENDO

AL HOMENAJE PERPETUADO EN EL BRONCE
QUE HOY LA SOBERBIA GENOVA
RINDE AL PATRIOTA Y CONDUCTOR INSIGNE

DEDICA

RAFAELA 12 DE OCTUBRE 1927



En 2012 se conmemoro, en todo el país, el bicentenario de la creación y jura de la bandera nacional, junto a las barrancas del Paraná, donde hoy se encuentra el Monumento Nacional a la Bandera en la ciudad de Rosario, el 27 de febrero de 1812.
En ese “Año de homenaje al doctor Manuel Belgrano” hubo celebraciones en cada localidad y Rafaela no fue la excepción.
El Archivo Histórico Municipal expuso, por aquellos días, dos “Notas de la historia”, relatando los vaivenes que hubo en relación tanto al emplazamiento del mástil como al del monumento a Manuel Belgrano.
Con relación al mástil, en 1936, luego de concursos, maquetas y opiniones de los vecinos se decidió construir el mástil a la bandera –de hormigón- en el centro de la Plaza 25 de mayo en lugar de su actual emplazamiento frente a la Jefatura de Policía.
Aquel mástil finalmente fue demolido en 1945 y se tardaron solo 140 días para reemplazarlo. Doña Luisa Fasino de Ripamonti, viuda del “Commendatore” Faustino Ripamonti, donó un mástil metálico, similar al construido en la ciudad de Rosario, para ser emplazado en una plazoleta frente a la Jefatura de Policía.
No menos vaivenes tendría que soportar el creador de la bandera y conductor victorioso de los ejércitos de Tucumán y Salta.
En 1910, durante el año del Centenario de la Revolución de Mayo se inauguró en la plaza principal el busto a Manuel Belgrano. Sin embargo algunos historiadores afirman que se una reinauguración pues ya había sido inaugurado en 1907.
Durante la administración del Intendente Zobboli, entre 1925 y 1927 se modernizó la Plaza 25 de Mayo y debido a las reformas el monumento fue trasladado del centro de la plaza al cantero que da sobre la parte este de la vereda de Bulevar Santa Fe. En su anterior lugar se construyó la caja armónica.
En 1950, el monumento a Belgrano volvería a ser reubicado, esta vez en su ubicación actual, mirando al mástil de la bandera, frente a la Jefatura de Policía de la ciudad.
Descriptas las mudanzas injustificadas del busto a Belgrano, nos vamos a enfocar en el motivo de esta crónica: la placa de bronce de la colectividad italiana de Rafaela.
Es que es extensa la lista de italianos que participaron, antes y después de 1810, en el proceso de independencia nacional.
Baste recordar algunos de ellos como Berutti y la Primera Junta de Gobierno que, sobre un total de nueve miembros, cuatro eran italianos: Passo, Castelli, Alberti y Belgrano.      
En efecto, la gran colectividad italiana a través de su institución madre, la Società Italiana di Mutuo Soccorso “Vittorio Emanuele II” se hacía presente en cada evento cívico-social de trascendencia y este lo ameritaba como pocos.
Se trataba de homenajear al patriota de sangre ligure, hijo de Domenico Belgrano Peri nacido en Costa de Oneglia en Provincia di Imperia.
Este reconocimiento de la colectividad italiana de Rafaela en el bronce se realizo no por casualidad el 12 de Octubre de 1927. Ese dia se recordaba un nuevo aniversario de la llegada de Cristoforo Colombo a América, en 1492.
La Vittorio Emanuele II encontraba en Manuel Belgrano, casi de manera premonitoria, una fuerte referencia de la inmigración peninsular que ayudaba decididamente a construir la segunda Patria de los italianos: la Argentina.
Estas primeras señales cuajarían más adelante al decidir que el 2 de junio, día del nacimiento de Manuel Belgrano, en 1770, seria declarado Día del inmigrante italiano mediante la Ley Nacional Nº 24561.